(ats) Tocca al Parlamento, e non al Consiglio federale, decidere se occorra o meno firmare il Patto globale delle Nazioni Unite sulla migrazione. Lo ha deciso oggi il Consiglio nazionale approvando una mozione in materia con 121 contro 70. Gli Stati avevano già adottato una mozione identica due settimane fa.

La quasi totalità del dibattito si è svolta la settimana scorsa. Oggi si è espresso unicamente il consigliere federale Ignazio Cassis. Il Patto, che è conforme alla politica migratoria portata avanti dalla Confederazione, è nell'interesse della Svizzera, ha spiegato il ministro degli esteri: rinunciare all'accordo nuocerebbe all'immagine della Confederazione e danneggerebbe le relazioni bilaterali con certi Paesi.

Il Patto conferma inoltre la gestione autonoma della migrazione da parte dei singoli Stati, ha affermato Cassis. Più in generale, la decisione iniziale del governo di firmare il Patto è conforme alle norme in vigore, ha spiegato il consigliere federale ricordando che le competenti commissioni del Parlamento sono state consultate.

Firmato ieri a Marrakech

Questo patto non vincolante di 34 pagine è il primo strumento a livello internazionale volto a far sì che gli Stati cooperino al ritorno dei propri cittadini. Nelle scorse settimane è stato criticato da più fronti tanto che il Consiglio federale ha rinunciato a partecipare alla conferenza internazionale che ieri, nel giorno del 70esimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani, ha portato a Marrakech alla firma del documento. I Paesi che lo hanno siglato sono 164, meno quindi dei 193 che lo scorso luglio a New York avevano dato un loro primo sostegno all'iniziativa.

Le discussioni che si sono svolte la settimana scorsa al Nazionale non sono state incentrate solo su chi deve avere la competenza di firmare il Patto. Diversi oratori sono infatti de facto già entrati nel merito sostenendo l'opportunità per la Svizzera di firmare il patto o sulla necessità di non farlo. Thomas Aeschi (UDC/ZG) aveva del resto depositato una mozione che chiedeva al governo di non firmare l'accordo (atto parlamentare bocciato oggi con 104 voti contro 90 e una astensione).

Il trattato non parla delle cause, come la corruzione, all'origine della migrazione, aveva ad esempio sostenuto Hans-Peter Portmann (PLR/ZH). Il Patto non considera la popolazione che è costretta a subire la migrazione non desiderata, non per niente la lista dei Paesi che rinunciano a firmarlo continua ad allungarsi, aveva aggiunto Michaël Buffat (UDC/VD).

Tutti gli obblighi presenti nel Patto corrispondono ad accordi internazionali, come quello che vieta la tortura, che la Svizzera ha già ratificato, aveva replicato Denis de la Reussille (PdL/NE). È illusorio credere che la Svizzera possa trovare da sola una soluzione al problema, aveva sostenuto Fabian Molina (PS/ZH).

Non sarà forse vincolante giuridicamente, ma genera un impegno politico, aveva affermato da parte sua Marco Romano (PPD/TI). Per questo motivo è opportuno che il Consiglio federale informi il Parlamento sulle implicazioni nella politica estera che un'adozione del Patto avrebbe. Respingendo la mozione Aeschi, il ticinese aveva ricordato che "la nostra democrazia prevede che prima si dibatta, poi si decida sul contenuto".

Oggi il Nazionale gli ha dato ragione, chiedendo - come detto - di conferire al Parlamento la competenza di approvare il Patto.