(ats) La politica "aggressiva" di acquisizioni da parte di aziende cinesi, sia in Svizzera che altrove, ha lasciato il segno oggi in Consiglio degli Stati. Per 22 voti a 18 e 2 astenuti, i "senatori" hanno infatti approvato una mozione del loro collega Beat Rieder (PPD/VS) che chiede di istituire un'autorità competente per il rilascio delle autorizzazioni da parte di investitori stranieri. Il dossier va al Nazionale.

La mozione, adottata contro il parere del Consiglio federale e contrastata da una consistente minoranza in aula, chiede al governo di istituire le basi giuridiche per controllare gli investimenti diretti esteri nelle imprese svizzere nonché di creare un'autorità competente per il rilascio delle autorizzazioni relative agli affari soggetti a questo tipo di controllo.

Sia il ministro dell'economia, Guy Parmelin, che diversi oratori, tra cui i PLR Ruedi Noser (ZH) e Olivier Français (VD) o l'indipendente Thomas Minder (SH), hanno criticato la vaghezza del testo, che in pratica ingloba tutte le società attive in Svizzera, e il carattere illiberale della proposta, che di fatto mette sotto tutela i Consigli di amministrazione che non sarebbero più liberi di agire come meglio credono per il bene dell'azienda e dei collaboratori.

Oltre a limitare il margine di manovra delle aziende, la mozione secondo Parmelin non indica quali sarebbero i settori da tenere sotto particolare sorveglianza, né quali investimenti sarebbero benvenuti. Nessuna distinzione è inoltre fatta tra investimenti volti a rilevare la maggioranza di un'azienda o solo una quota.

Per il ministro vodese democentrista, inoltre, i controlli richiesti richiederebbero un forte incremento della burocrazia e avrebbero conseguenze nefaste sull'attrattiva della piazza economica elvetica, la cui caratteristica è stata propria l'apertura nei confronti degli investimenti esteri che finora hanno garantito prosperità e posti di lavoro. Diversi oratori contrari alla mozione hanno poi fatto notare che la stessa Svizzera è uno dei Paesi leader negli investimenti esteri, caratteristica di "cui andiamo fieri".

Parmelin ha tuttavia sottolineato che, di fronte a certe pratiche commerciali, il consiglio federale non rimane con le braccia conserte, ma segue la situazione da vicino, specie per quanto attiene agli investimenti, come quelli cinesi, in aziende di punta.

Il Parlamento, ha rammentato, sta inoltre legiferando sulla vendita di infrastrutture d'importanza strategica del settore energetico (centrali idroelettriche, reti elettriche e del gas). Queste ultime dovrebbero essere protette da disposizioni simili a quelle previste dalla Legge federale sull'acquisto di fondi da parte di persone all'estero (la cosiddetta Lex Koller).

Per i sostenitori della mozione, la Svizzera deve invece proteggere maggiormente le sue aziende leader in settori tecnologicamente importanti. Secondo Anita Fetz (PS/BS), non si tratta soltanto di difendersi dalle ambizioni strategiche cinesi, ma anche di altri Paesi. È un po' strano, ha sostenuto, "che il Parlamento si sia attivato nei confronti di Pechino, quando invece non ha avuto nulla da dire sugli investimenti dei fondi sovrani del Qatar e dell'Arabia Saudita nelle nostre grandi banche. Eppure si tratta anche in questo caso di investimenti statali da parte di Paesi non certo democratici".

Diversi oratori hanno fatto presente proprio la vicinanza di alcune aziende cinesi allo Stato, e il rischio che con certe acquisizioni molto know-how finisca all'estero. Per taluni, inoltre, questi controlli sarebbero leciti tanto più che con certi Paesi, come la stessa Cina, non vi è reciprocità.

Christian Levrat (PS/FR) ha sostenuto che altri Stati proteggono meglio le loro imprese strategiche. Gli Stati Uniti, per esempio, hanno detto stop all'acquisto dei porti marittimi di Seattle e New York da parte della Cina. A detta del "senatore" friburghese, di fronte alle acquisizioni strategiche da parte cinese, la Svizzera dimostra una certa "ingenuità" per riprendere le stesse parole del Segretario di stato americano, Mike Pompeo.

Invece di pensare solo al profitto a breve termine, bisognerebbe invece riflettere maggiormente a mente fredda su queste transazioni, e non lasciarsi trascinare dall'euforia come si è verificato di recente col progetto di "Via della seta" promosso da Pechino e sostenuto da Berna.

Un organo di controllo, magari limitato a settori strategici, avrebbe quindi la stessa funzione di un'uscita di soccorso in grado di evitare l'insorgere di problemi futuri, hanno sostenuto diversi oratori, tra cui l'autore della mozione, secondo cui il suo atto parlamentare è stato formulato apposta in forma generica allo scopo di lasciare al Consiglio federale un ampio margine di manovra per la sua applicazione.