(ats) Dopo la non entrata nel merito del giugno scorso da parte del Consiglio nazionale, oggi il Consiglio degli Stati si è detto convinto della necessità di legiferare per proteggere meglio i cosiddetti "whistleblower", ossia quei dipendenti che segnalano irregolarità sul posto di lavoro. Una proposta di non entrata in materia è stata respinta per 26 voti a 17.

Il Nazionale aveva giustificato il suo "no" con la complessità nella struttura stessa del progetto, che prevede una soluzione "a cascata" secondo cui un'informazione dell'opinione pubblica può avvenire soltanto a condizioni molto restrittive. Altri parlamentari avevano inoltre ricordato come nel frattempo in molte aziende private siano stati messi in atto meccanismi di segnalazione interni che funzionano.

Oggi agli Stati diversi "senatori" hanno sostenuto la proposta del Consiglio federale preferendo una chiara normativa giuridica - nella fattispecie si tratta di una modifica del Codice delle obbligazioni - all'attuale situazione, nella quale le parti sociali sono confrontate all'incertezza della giurisprudenza del Tribunale federale.

Le proposte sulle quali sta discutendo la Camera dei Cantoni sono state formulate nel settembre 2018 dal Consiglio federale che aveva rielaborato un precedente progetto giudicato pure lui troppo complesso dal Parlamento nel 2015.

Il succo del nuovo progetto del governo è però rimasto invariato. In linea di massima, una segnalazione è ammessa solo se il dipendente si rivolge prima al datore di lavoro, poi a un'autorità e, in ultima istanza, al pubblico. Denunce anonime sarebbero possibili.

Il miglioramento della protezione dei "whistleblower" è una questione che si trascina irrisolta da anni. Una prima bozza messa in consultazione nel dicembre 2008 sulla base di una mozione, risalente al 2003, non aveva convinto nessuno. Imprenditori e UDC l'avevano considerata superflua; la sinistra e i sindacati volevano invece misure più incisive, in particolare il reintegro della persona ingiustamente licenziata.