La Commissione delle istituzioni politiche del Consiglio nazionale (CIP) vuole sopprimere lo strumento di dichiarazione di obbligatorietà generale delle convenzioni intercantonali previsto all’articolo 48a della Costituzione federale. Il nuovo strumento non si inserisce nell’ottica federalista della Svizzera, dove ogni Cantone ha gli stessi diritti e non dovrebbe essere imposta la volontà di un altro Cantone. Se è necessario risolvere un problema a livello svizzero, occorre seguire la via legislativa ordinaria e legittimata democraticamente.

L’articolo 48a della Costituzione federale introdotto nell’ambito del progetto sulla «nuova perequazione finanziaria» prevede che la Confederazione, su domanda dei Cantoni interessati, possa dichiarare di obbligatorietà generale i trattati intercantonali conclusi in determinati settori, tra i quali per esempio l’istruzione pubblica. Con un’iniziativa parlamentare, l’UDC chiede che questo strumento venga di nuovo abolito, poiché secondo l’UDC non è ammissibile che la volontà di alcuni Cantoni venga imposta agli altri (08.463 n Iv. Pa. Concordati. L'obbligatorietà generale non deve intaccare l'autonomia cantonale). Con 18 voti contro 1 e 4 astenuti la CIP si è chiaramente pronunciata a favore dell’iniziativa.

La CIP è dell’opinione che alla base dello strumento dell’obbligatorietà generale vi sia un’interpretazione erronea del federalismo svizzero dal momento che si parte dal presupposto di una «volontà comune dei Cantoni». Il federalismo svizzero è fondato su 26 Cantoni con gli stessi diritti, ciascuno dei quali può definire i singoli settori sociali in modo diverso.

Se si riscontra che per risolvere un problema debbano essere adottate le stesse misure in tutti i Cantoni nell’interesse di tutto il Paese, occorre seguire la via legislativa della Costituzione e della legislazione. In questa procedura trasparente è possibile allo stesso modo per ogni Cantone partecipare ai procedimenti abituali (procedura di consultazione, sistema bicamerale, maggioranza dei Cantoni). Se invece mediante la dichiarazione di obbligatorietà dei trattati intercantonali vengono disposte normative a livello nazionale, i singoli Cantoni devono adottare la legislazione imposta da altri Cantoni. In questo modo la dichiarazione di obbligatorietà dei trattati non rafforza affatto il federalismo, ma, al contrario, erode l’autonomia cantonale.

È pure problematico il fatto che saranno istituite due forme di diritto svizzero. Accanto a quello emanato dal legislatore federale vi è quello emanato dalla maggioranza dei Consigli di Stato, valido per tutto il Paese. Dal punto di vista della politica democratica questo sistema è discutibile, dal momento che il contributo del Parlamento è fortemente limitato. I Parlamenti cantonali e il Consiglio nazionale non possono più esprimersi sui dettagli delle normative, ma possono solo approvare o rifiutare integralmente un testo normativo elaborato a porte chiuse dagli Esecutivi cantonali.

Nella CIP non ha avuto successo la proposta dell’elezione del Consiglio federale da parte del popolo. La Commissione respinge con 19 voti contro 3 e 3 astensioni l’iniziativa parlamentare del consigliere nazionale Zisyadis (Verdi, VD) (08.453 n Iv. Pa. Zisyadis. Elezione del Consiglio federale da parte del popolo). La Commissione è del parere che la posizione del Consiglio federale venga eccessivamente rafforzata a scapito del Parlamento. Si paventa un rafforzamento plebiscitario dell’Esecutivo che, eludendo il Parlamento, potrebbe procedere direttamente secondo la volontà popolare. Sarebbe inoltre difficilmente immaginabile una procedura che porti all’elezione dei sette membri del Governo, poiché occorre tener conto di diverse condizioni quali una rappresentanza equilibrata delle regioni, delle lingue e dei sessi. Il sistema delle quote proposto dall’autore dell’iniziativa renderebbe la procedura ancora meno trasparente. Proprio questo sistema è stato il motivo che ha indotto alcuni membri della Commissioni a respingere l’iniziativa; altrimenti avrebbero accolto favorevolmente l’idea dell’elezione da parte del popolo.

Qualora i membri del Consiglio federale dovessero essere eletti dal popolo, essi sarebbero in continua campagna elettorale influenzando così il loro agire. I consiglieri federali dovrebbero allinearsi rigorosamente a un partito rendendo difficile la collaborazione di un organo collegiale. Il Consiglio federale non è il Parlamento, in cui i rappresentanti del popolo presentano le richieste degli elettori nel modo più fedele possibile. A livello di Consiglio federale è importante cercare soluzioni con gli altri membri del Governo distanziandosi da interessi particolari o partitici. Il Parlamento è l’organo adeguato per trovare le persone idonee a questo scopo.

Infine la Commissione si è pronunciata, con 18 voti contro 3 e un’astensione, contro un’altra iniziativa parlamentare del consigliere nazionale Zisyadis (Vedi, VD) (08.486 n Iv. Pa. Zisyadis. Iscrizione della trasparenza del voto nella Costituzione federale). L’iniziativa chiede di modificare la Costituzione federale in modo da introdurre l’obbligo di pubblicare con trasparenza le procedure e i mezzi adottati per le votazioni popolari. La CIP è del parere che iscrivere questi principi astratti nella Costituzione non risolverebbe nessun problema pratico. Sarà fondamentale iscrivere nella legislazione le più importanti condizioni quadro quando sarà adottato il voto elettronico.

La Commissione si è riunita a Berna il 22 gennaio 2009 sotto la presidenza di Gerhard Pfister (PPD/ZG).

Berna, 23 gennaio 2008 Servizi del Parlamento