(ats) Il compromesso raggiunto circa la modifica della perequazione finanziaria, che prevede minori contributi da parte dei Cantoni "ricchi", ossia ad alto potenziale di risorse, a quelli "poveri", ha superato oggi l'ultimo ostacolo: il Consiglio degli Stati, seguendo il Nazionale, ha infatti deciso di coordinare questa riforma con quella della fiscalità delle imprese (RFFA), riforma approvata dal popolo il 19 di maggio scorso. Il dossier è pronto per le votazioni finali.

Con l'abolizione degli statuti fiscali speciali come richiesto dall'OCSE e dall'Ue, gli utili delle multinazionali dovrebbero essere considerati al 100%. Alcuni Cantoni si ritroverebbero improvvisamente molto più "ricchi" sulla carta e sarebbero quindi chiamati a pagare di più. Peggio ancora, l'intero equilibrio del sistema ne risentirebbe.

Un nuovo metodo di calcolo eviterà questo fenomeno. Si terrà conto più dei redditi delle persone che degli utili aziendali, poiché questi ultimi sono più mobili. Saranno presi in considerazione anche gli effetti dei "patent box", strumenti fiscali che consentono un'imposizione privilegiata degli utili generati dalla proprietà intellettuale.

Il disegno governativo non è stata ritoccato nei suoi aspetti centrali, così come chiedeva il Consiglio federale, e ciò per non mettere in pericolo il fragile compromesso elaborato dai Cantoni. Il tentativo delle regioni di montagna di ottenere maggiori mezzi per i rispettivi aggravi geotopografici, ossia ai costi propri delle regioni periferiche, è naufragato.

Nessun vincolo per Cantoni

Altri tentativi di modificare il disegno di legge sono parimenti falliti. La sinistra, per esempio, avrebbe voluto mantenere nella lista degli indici riguardanti gli aggravi sociodemografici criteri quali il numero di disoccupati, il numero di tossicodipendenti e di adolescenti con particolari bisogni di formazione.

Il plenum ha poi anche detto di no a un'altra proposta della sinistra che voleva vincolare i contributi ai Cantoni a un maggior impegno di quest'ultimi nel contrasto alla povertà. La maggioranza non ha considerato necessario interferire nell'autonomia dei Cantoni; quest'ultimi devono rimanere liberi di fare ciò che vogliono con i denari ricevuti.

Uno strumento di coesione

L'attuale perequazione, è stato più volte ripetuto in aula, è un importante strumento di coesione nazionale, volto a mantenere un certo equilibrio tra i Cantoni finanziariamente più forti e quelli meno forti. L'architettura di base del sistema funziona bene, ma nel corso degli anni sono emersi problemi che la modifica della legge intende correggere.

In particolare, i cosiddetti Cantoni "ricchi", specie urbani, si sono lamentati per gli aggravi sociodemografici, i cui costi a loro avviso non sono presi in sufficiente considerazione dal modello attuale.

Punto centrale della riforma è l'aumento all'86,5% della dotazione minima di risorse garantita ai Cantoni. Tale cifra è superiore all'obiettivo attuale dell'85%, ma minore del livello reale raggiunto. L'obiettivo della dotazione minima di risorse pro capite è stato nettamente superato da tutti i Cantoni: il Giura, Cantone finanziariamente più debole, ha raggiunto nel 2018 un indice dell'88,3%.

L'aumento dell'obiettivo minimo avrà però come conseguenza una riduzione di circa 220 milioni dei versamenti destinati ai "Cantoni poveri". Quelli con maggiori risorse dovrebbero invece risparmiare mezzo miliardo di franchi.

La riforma adottata prevede anche di portare il contributo federale alla perequazione delle risorse dal 147% al 150% del totale versato dai Cantoni. Ciò corrisponde al massimo previsto dalla Costituzione. La spesa per la Confederazione aumenterà di 20 milioni di franchi.

Calcolo ogni anno

Altro cambiamento: gli importi versati dalla Confederazione e dai Cantoni "ricchi" a quelli "poveri" dovrebbero essere calcolati annualmente, e non più ogni quattro anni. Così l'importo compensativo seguirà l'evoluzione effettiva delle disparità tra i Cantoni.

La riforma permetterà alla Confederazione di risparmiare 280 milioni di franchi all'anno dal 2022. Il progetto accolto prevede di destinare la metà di questo importo - 140 milioni - alla compensazione dei costi sociodemografici sostenuti dai centri urbani. Il relativo fondo è attualmente considerato da molti come sottodotato.

Un gesto per i cantoni urbani

Il rapporto 2016 sull'efficacia della perequazione finanziaria, sistema in vigore da una decina d'anni, ha messo in luce problemi a livello di aggravi sociodemografici, specie per i Cantoni popolosi con centri urbani importanti. Per il Parlamento non si tratta di fare uno sgarbo alle zone di montagna, bensì di rimediare a uno squilibrio esistente nell'attuale sistema. Dopotutto, le regioni periferiche esistono già strumenti specifici di aiuto, come la politica regionale o l'aumento del sostegno finanziario a favore del turismo di montagna.

Va fatto notare, che i rimanenti 140 milioni dell'importo risparmiato dalla Confederazione andrà ai Cantoni "poveri" per attenuare temporaneamente le perdite legate al cambiamento di sistema.