(ats) Il criterio del solo fatturato per il calcolo del canone radio-tivù pagato dalle imprese va riesaminato, alla luce dei problemi riscontrati da numerosi imprenditori. Lo chiede un postulato di Fabio Abate (PLR/TI), accolto oggi per 25 voti a 11 dal Consiglio degli Stati. Per la ministra Simonetta Sommaruga, è tuttavia improbabile che il sistema attuale venga stravolto, tanto più che è stato elaborato dal Parlamento e accolto dal popolo.

Secondo il "senatore" ticinese, spalleggiato in aula dall'indipendente (ma nel gruppo UDC) Thomas Minder (SH), il sistema attuale, per quanto accolto dal popolo, è problematico. Il criterio del fatturato, infatti, non tiene conto del guadagno effettivo realizzato da un'azienda.

Diversi imprenditori, a detta del ticinese, che rientrano nella categoria assoggettata con un fatturato fino a 5 milioni di franchi, sono chiamati a pagare un canone pari a 2280 franchi, cifra sproporzionata se paragonata all'effettivo guadagno percepito. Queste società non possono richiedere alcun esonero.

Thomas Minder, egli stesso imprenditore, ha ribadito che un fatturato milionario non significa per forza grossi guadagni. È il caso, per esempio, dei commercianti di auto di occasione. Insomma, il sistema attuale ha dato luogo a molti reclami e andrebbe ripensato.

A nome del consiglio federale, la ministra delle comunicazioni Simonetta Sommaruga ha affermato che, in ogni caso, il nuovo sistema di percezione del canone entrato in vigore all'inizio di quest'anno verrà riesaminato a metà del 2020. Fino ad allora non v'è motivo per rivedere il modello prescelto, ha aggiunto, anche se il governo esaminerà senz'altro la questione per tenere conto dei "casi di rigore". Assai improbabile, tuttavia, che si giunga a un nuovo modello che sostituisca quello attuale, ha sottolineato.

La consigliera federale bernese del PS ha poi rammentato che, in ogni caso, i tre quarti delle 600 mila aziende operanti in Svizzera sono esentati dal canone dal momento che registrano un giro d'affari inferiore a 500 mila franchi annui. Fino a un milione pagano 365 franchi e entro i 5 milioni 910 franchi, e non 2280 franchi come dichiarato dall'autore del postulato.

Insomma, il grosso della somma destinata alla televisione e radio pubblica è versata dalle famiglie. Sommaruga ha anche rammentato che una modifica del sistema attuale rischia di generare molte discussioni, come è stato il caso con l'abbandono del vecchio metodo.

Fabio Abate, dettosi pronto in un primo momento a ritirare il postulato, ha manifestato una certa insoddisfazione in relazione alle osservazioni di Sommaruga, dal momento che vi sono almeno 150 mila ditte svantaggiate. Forte dell'appoggio di Minder, che gli chiedeva di ritornare suoi suoi passi, ha chiesto il voto, venendo accontentato.

Anche Comuni scontenti

Stando ai reclami giunti ai politici, diverse società hanno avuto la cattiva sorpresa di vedersi imporre a più riprese, attraverso filiali o partecipazioni a consorzi.

Il gruppo PPD alle Camere si è già detto inquieto dal fatto che anche i consorzi debbano pagare il canone per le imprese.