Il plenum si è allineato agli Stati e ha accettato con 141 voti a 45 di cancellare la "clausola di reimportazione". Introdotta dalla stessa Camera del popolo, aveva lo scopo di vietare alle società elvetiche di acquistare all'estero merci svizzere esportate a prezzi inferiori a quelli praticati nella Confederazione. Sarà comunque ancora possibile limitare la possibilità di procurarsi in un Paese straniero a prezzi vantaggiosi beni o servizi proposti in Svizzera e all'estero.
Le due Camere hanno trovato un accordo anche in merito al divieto di blocchi geografici per il commercio online, il cosiddetto geo-blocking. Con 143 voti a 38 e 8 astensioni, il Nazionale ha seguito la posizione degli Stati per quanto riguarda le eccezioni, che saranno ancorate nella legge, e non in un'ordinanza, come auspicato in un primo tempo.
La Camera dei cantoni voleva inizialmente scindere la questione del geo-blocking e regolarla separatamente, considerando poco convincente la formulazione attuale, ma ha poi deciso di integrarla nel controprogetto così da convincere i promotori dell'iniziativa a ritirarla.
Il ministro dell'economia Guy Parmelin ha avvertito che è impossibile garantire fino a che punto questo articolo avrà un effetto sugli acquirenti svizzeri. La disposizione si basa inoltre sul diritto europeo, che regola la questione con due regolamenti lunghi oltre 30 pagine, cosa impossibile da fare in breve, ha ammonito il consigliere federale.
I promotori dell'iniziativa hanno accolto con favore le misure approvate dal Parlamento e ritengono che "le modifiche legislative adottate costituiscano un mezzo efficace per combattere i prezzi eccessivi in Svizzera". Il testo sarà ritirato se il controprogetto sarà adottato nelle votazioni finali di venerdì e se non sarà lanciato un referendum.
L'iniziativa popolare "Stop all'isola dei prezzi elevati - per prezzi equi (Iniziativa per prezzi equi)" chiede alla Confederazione di modificare la legge sui cartelli (LCart) per permettere alle aziende svizzere di acquistare all'estero senza passare attraverso importatori e fornitori. La non discriminazione dovrebbe valere anche per il commercio online.
I prezzi gonfiati in Svizzera non penalizzano soltanto i consumatori. Sono toccati anche il settore alberghiero, la ristorazione, l'agricoltura e l'industria. Stando a un recente studio, il sovraccosto per le imprese e i consumatori elvetici ammonterebbe ad oltre 15 miliardi di franchi annui.
Il Parlamento ha però ritenuto che l'iniziativa si spingesse troppo oltre, e ha preferito opporle un controprogetto indiretto. La destra ha cercato di affossarlo, sostenendo che i prezzi elvetici sono elevati perché i salari sono più alti e i servizi e le risorse sono più costosi. Secondo la maggioranza del Parlamento non c'è però alcuna giustificazione per le grosse differenze di prezzo riscontrate nei prodotti fabbricati all'estero e ha ritenuto indispensabile intervenire.
La revisione della Legge sui cartelli suggerita dal governo come controprogetto amplia la definizione di posizione dominante. Il suo ambito d'applicazione è tuttavia limitato alle relazioni commerciali con l'estero. Ritenendo la proposta insufficiente, le Camere hanno apportato diverse modifiche. Oltre agli ostacoli alla concorrenza, anche le pratiche che svantaggiano i partner commerciali devono per esempio essere considerate violazioni. La misura interesserebbe fornitori e acquirenti.