Nel suo atto parlamentare, il ticinese ricorda che circa tre quarti delle persone occupate in Svizzera sono attive nel settore dei servizi e spesso si dimentica che molte intrattengono strette relazioni con l'estero. Per loro e per le imprese per le quali lavorano è importante poter offrire i propri servizi sui mercati di sbocco esteri senza né barriere né intoppi di altro genere.
È risaputo che per alcuni settori - in particolare quello della gestione patrimoniale - l'accesso ai mercati esteri, e in particolare a quello dell'UE, è oggi molto limitato, prosegue Romano, per il quale in assenza di condizioni d'accesso migliori, prima o poi le imprese in questione saranno costrette a offrire i loro servizi attraverso filiali ubicate in loco. Per la Svizzera ciò comporta la perdita di posti di lavoro, di substrato fiscale e di valore aggiunto.
La maggioranza, seguendo le argomentazioni del consigliere federale Guy Parmelin, ha però ritenuto l'atto parlamentare superfluo: questo settore non va considerato isolatamente, bensì in un contesto più ampio, è stato sottolineato. La questione dell'accesso ai mercati dei servizi è inoltre già contemplata nella strategia di politica economica esterna del Consiglio federale del 2004 e nella sua versione aggiornata del 2011. Tale strategia è inoltre già in corso di rielaborazione.