È un grande giorno per una politica di pace svizzera credibile, hanno annunciato gli iniziativisti dopo la decisione della Camera del popolo. "Visto che il controprogetto è un buon compromesso, ritiriamo l'iniziativa".
Quest'ultima voleva garantire il controllo e la partecipazione democratica e impedire l'esportazione di materiale militare in Paesi teatro di violazioni gravi e sistematiche dei diritti umani o di guerre civili. Prevedeva che i criteri di autorizzazione per l'export, oggi disciplinati a livello di ordinanza, venissero iscritti nella Costituzione.
Il testo era sostenuto dalla sinistra, ma anche dai Verdi liberali. Nel corso del lungo dibattito, svoltosi in gran parte lunedì, diversi oratori di questi schieramenti hanno ricordato una serie di recenti "incidenti" che hanno permesso ad armi svizzere di giungere in zone di guerra, gettando cattiva luce sulla Confederazione. Critiche sono state mosse anche al Governo e ai suoi tentativi di allentare le norme in vigore, ciò che ha portato a una levata di scudi nella società civile nel 2018, scaturita in questa iniziativa.
Sul fronte opposto, si è fatta invece leva sugli aspetti economici, sull'importanza dell'industria tecnica, e le sue esportazioni, per l'economia svizzera e la sicurezza del Paese. I partiti borghesi ritengono inoltre che l'iniziativa si spinga decisamente troppo lontano e non sia opportuno un disciplinamento a livello costituzionale, scavalcando in qualche modo il Parlamento.
Seguendo il Consiglio degli Stati, anche il Nazionale oggi ne ha raccomandato la bocciatura, con 105 voti a 88 e un'astensione, preferendogli il controprogetto indiretto elaborato dal Consiglio federale (110 voti a 76 e 6 astensioni).
Il controprogetto, senza deroga
La proposta governativa elimina le esportazioni verso i paesi che violano gravemente e sistematicamente i diritti umani e continuerebbe a vietare le vendite a Paesi in guerra civile, ha rilevato il ministro dell'economia Guy Parmelin, ricordando che consente comunque al popolo di avere l'ultima parola tramite referendum facoltativo.
Lo scorso mese di giugno gli Stati hanno voluto inasprirlo, cancellando la possibilità, concessa all'Esecutivo in circostanze eccezionali, di derogare a queste regole per salvaguardare gli interessi di politica estera o di sicurezza nazionale. La deroga è stata mal digerita a sinistra, ma anche al centro, poiché secondo questi schieramenti avrebbe indebolito troppo il controprogetto.
Il Consiglio federale può derogare solo per periodi limitati, in un quadro legale definito e deve sempre e ancora rispettare il diritto internazionale e il commercio delle armi, ha sostenuto invano Parmelin, aggiungendo che il Governo ha bisogno di un margine di manovra se la situazione si aggravasse. Oggi anche il Nazionale ha deciso di stralciarla, con 96 voti a 91 e 6 astensioni.