Tale moratoria, secondo Chiesa, andrebbe accompagnata dalla reintroduzione della preferenza indigena e dal contingentamento dei permessi, fintanto che la situazione del mercato del lavoro tornerà a condizioni più "normali".
Nelle intenzioni del presidente dell'UDC, per raggiungere questo obiettivo il Consiglio federale avrebbe dovuto convocare urgentemente il Comitato misto Svizzera-UE per cercare una soluzione per il mercato del lavoro in crisi così come prevede l'articolo 14 dell'accordo sulla libera circolazione tra Berna e Bruxelles.
A giustificazione della sua iniziativa, ma anche consapevole che la sua mozione sarebbe in ogni caso rimasta lettera morta, Chiesa ha elencato tutte le ripercussioni negative imputabili alla libera circolazione, come il forte incremento dei lavoratori stranieri, continuato anche durante la crisi, e il parallelo aumento della disoccupazione tra i residenti, ormai al 9% come indicano i dati ILO.
Oltre all'effetto di sostituzione della forza lavoro locale con quella importata, e il dumping salariale galoppante che nemmeno i Contratti normali di lavoro riescono a fermare, la situazione attuale ha spinto e spinge sempre più residenti formati a lasciare il Ticino in cerca di occasioni professionali nei Cantoni della Svizzera interna che consentano loro di vivere, ha affermato Chiesa.
E, oltre al danno, anche la beffa. Il "senatore" democentrista ha rammentato i privilegi fiscali di cui godrebbero i frontalieri sia rispetto ai lavoratori residenti sia rispetto ai loro connazionali (il nuovo accordo in materia tra la Svizzera e l'Italia sulla tassazione dei frontalieri, che dovrebbe portare maggiore equilibrio in materia, è ancora in alto mare a Roma per quanto riguarda l'iter parlamentare in vista della sua approvazione, n.d.r)
Qualcosa insomma non quadra nel Cantone se, a fronte di un numero di frontalieri in crescita - gli occupati stranieri hanno ormai superato quelli residenti - i disoccupati aumentano e sempre più persone devono accontentarsi di impieghi precari e mal retribuiti. Nemmeno l'introduzione di un salario minimo riuscirà secondo il ticinese a fermare questa tendenza; anzi, la situazione a suo avviso potrebbe peggiorare e trascinare verso il basso le remunerazioni.
Me per il Consiglio federale, una moratoria come quella chiesta da Chiesa, in virtù dell'articolo 14 dell'accordo sulla libera circolazione, non è la soluzione ai problemi del Ticino o di quei cantoni e regioni che risentono maggiormente della pressione dall'estero, accentuatasi durante questa crisi pandemica.
A detta di Karin Keller-Sutter, non siamo di fronte a un grave perturbamento del mercato del lavoro come illustrato dall'autore della mozione tale da giustificare la convocazione urgente del Comitato misto Svizzera-Ue. Capisco le sue preoccupazioni, ha dichiarato Keller-Sutter, ma in un certo senso "il Ticino è vittima del suo successo". Lo sviluppo economico è stato tale infatti negli ultimi anni da necessitare il reclutamento di manodopera estera, specie dalla Lombardia, perché il mercato del lavoro ticinese non è di per sé grande.
Quanto alle contromisure ai problemi sollevati dall'autore della mozione, la ministra di giustizia e polizia ha citato i contratti normali di lavoro, possibilità di cui il Ticino ha fatto ampio uso, e l'obbligo di annuncio dei posti vacanti che dovrebbe dare ai disoccupati indigeni un margine di vantaggio su chi cerca lavoro dall'estero; si tratta di strumenti applicati con successo, a parere della ministra sangallese del PLR.
Nel suo intervento, Karin Keller-Sutter ha poi rammentato anche il prezioso contributo dei numerosi frontalieri impiegati nel settore sanitario durante la crisi pandemica, tanto che la legge Covid prevede proprio delle eccezioni per la forza lavoro che abita appena oltre il confine.