(ats) In questo momento, la priorità nei confronti dell'Afghanistan è l'aiuto umanitario. Lo hanno ribadito oggi al Consiglio nazionale, nell'ambito del dibattito urgente sul tema, i consiglieri nazionali Ignazio Cassis e Karin keller-Sutter. "No" quindi a un incremento, per ora, dei contingenti per profughi afghani come chiesto dalla sinistra, ma nemmeno una chiusura delle frontiere come auspicato dall'UDC.

Per quanto attiene ai profughi, la ministra di giustizia e polizia ha sostenuto che, al momento, non è necessario aumentare il contingente di profughi fino a 10 mila persone, come chiesto dal campo rosso-verde.

Al momento, ha spiegato Keller-Sutter, non si registrano grandi ondate migratorie. Rispetto alla crisi siriana, infatti, dove milioni di persone erano in fuga, in Afghanistan non ci sono combattimenti di ampia portata.

Oltre a ciò, ha spiegato la ministra sangallese del PLR, è importante che la Svizzera si concerti con le nazioni vicine, e non agisca di testa sua, anche perché non si vogliono lanciare verso l'esterno segnali sbagliati che potrebbero incitare i profughi, molti dei quali si trovano in Pakistan o Iran, ma anche più vicino a noi, a mettersi in marcia verso l'Europa come accaduto nel 2015 con i siriani.

Keller-Sutter si è detta in ogni caso disposta a considerare un incremento dei contingenti attuali - 1600 nel 2021 e 1900 nel 2022 per persone particolarmente vulnerabili ora accolte dalla Turchia - qualora arrivasse una richiesta in tal senso dalle Nazioni Unite. Ad ogni modo, ha sottolineato, una decisione in merito dovrà coinvolgere i Cantoni e i Comuni, al momento scettici - come anche la stessa UE - ad accogliere un maggior numero di persone.

Per quanto riguarda i visti umanitari, al momento le rappresentanze elvetiche - Islamabad e Teheran, dove tre collaboratori della Segreteria di stato della migrazione danno una mano al disbrigo della pratiche - hanno ricevuto 81 richieste di persone con legami in Svizzera, e Berna ne ha approvate 12. Queste persone devono essere in pericolo immediato e sottoporsi a un controllo di sicurezza.

Keller-Sutter ha rammentato che sussiste ancora la possibilità per gli afghani in Svizzera di chiedere il ricongiungimento famigliare a determinate condizioni, ossia per gli stretti famigliari e i figli sotto i 18 anni. Non è quindi possibile farlo per tutti, ha spiegato la consigliera federale, visto che in Svizzera vivono circa 11 mila afghani che hanno ricevuto un'ammissione provvisoria e molti di essi hanno famiglie numerose.

Per quanto riguarda l'aiuto umanitario sul posto, il ministro degli esteri Ignazio Cassis ha ribadito che il suo dipartimento ha chiesto un aumento dei mezzi per far fronte alla crisi in Afghanistan e nei Paesi confinanti, come l'Iran o il Pakistan, liberando ulteriori 33 milioni di franchi da aggiungere ai 27 già previsti.

Tale denaro è destinato in particolare alle agenzie dell'ONU, al Comitato internazionale della Croce rossa e alle organizzazioni non governative internazionali e locali presenti sul posto. I talebani hanno dichiarato che lasceranno lavorare in pace queste organizzazioni, ha dichiarato il ticinese, ma solo il tempo dirà se sarà effettivamente così.

Prima degli interventi dei due magistrati, i vari gruppi parlamentari hanno colto l'occasione per illustrare i rispettivi punti di vista su quanto sta accadendo nel Paese asiatico. Il campo rosso-verde ha rimproverato al Consiglio federale di non fare abbastanza; dovrebbe decidersi e accogliere un maggior numero di persone in fuga da un regime oppressivo. Da qui la richiesta di alzare i contingenti, fino a 10 mila persone, per fare in modo soprattutto che gli afghani già in Svizzera possano far venire nel nostro Paese i famigliari.

Il Centro e il PLR hanno invece sostenuto la politica del governo, lodando lo sforzo compiuto per evacuare gli Svizzeri presenti in loco e i collaboratori locali, e per lo sforzo profuso volto a mitigare le difficili condizioni della popolazione afghana, innalzando il proprio impegno umanitario sul posto e nei Paesi confinanti. Finora, insomma, l'esecutivo ha agito bene.

L'udc ha lanciato i suoi strali sia contro la sinistra, rea di voler accogliere persone a suo parere difficilmente integrabili a causa della loro cultura "patriarcale", sia contro il governo, colpevole a suo dire di non avere una chiara strategia in materia di asilo.

La pratica dell'asilo è stata talmente estesa da fare della Svizzera una sorta di richiamo irresistibile per tutti i migranti della terra, la maggior parte dei quali non perseguitata per motivi politici o religiosi, ma alla ricerca di migliori condizioni di vita. La Confederazione dovrebbe insomma rivedere la propria politica in materia di asilo, ritornando alla sua interpretazione originale.