Lo ha affermato oggi al Consiglio nazionale la consigliera federale Karin Keller-Sutter durante l'ora delle domande. La "ministra" di giustizia e polizia si riferiva al suicidio di un giovane afghano di 18 anni che alloggiava nel centro per giovani non accompagnati "foyer de l'Etoile" a Ginevra. Quest'ultimo si è tolto la vita a fine novembre dopo avere appreso che sarebbe stato rispedito in Grecia.
Secondo Keller-Sutter, i richiedenti asilo hanno diritto a cure mediche e anche psichiatriche. Capita sovente che, in caso di rinvio, come nel caso concreto, le persone interessate minaccino di togliersi la vita. Spetta allo Stato verso il quale viene espulso - in questo caso la Grecia, n.d.r - garantire la presa a carico del giovane.
La notizia, rivelata dal quotidiano Le Courrier e da RTS, è stata confermata il 5 di dicembre dal portavoce del Centro sociale protestante di Ginevra (CSP), Raphaël Rey. Quest'ultimo aveva affermato che il giovane si era ucciso dopo aver saputo che non poteva rimanere in Svizzera come deciso dal TAF, secondo cui la Grecia è un Paese considerato sicuro.
Rey ha definito questa vicenda "scioccante e terribile" poiché sia il TAF che la Segreteria di Stato della migrazione (SEM) erano a conoscenza della grande fragilità psicologica del giovane richiedente e del rischio di suicidio, ma non hanno tenuto conto del parere delle autorità mediche. Tra l'altro, il "foyer de l'Etoile" era già stato colpito quattro anni fa dal suicidio di uno dei suoi residenti.
Le dichiarazioni odierne della consigliera federale rispecchiano in parte quanto già dichiarato il 5 di dicembre dalla portavoce del SEM, Anne Césard, secondo cui quanto accaduto è senz'altro una "tragedia", ma "eccezionale" visto il numero di richiedenti in attesa di espulsione.
Stando a Césard, la SEM tiene conto del rischio di suicidio, ma ciò non costituisce necessariamente un ostacolo all'esecuzione di un allontanamento, "altrimenti non saremmo in grado di rimandare indietro nessuno".