(ats) Per la Svizzera la partecipazione agli accordi di Schengen è troppo importante e non va messa a repentaglio. È questo il succo del dibattito di entrata in materia del progetto volto a riprendere la direttiva dell'Ue sulle armi che si è tenuto stamane al Consiglio nazionale.

La Svizzera è chiamata ad adeguare la propria legislazione entro maggio 2019 in quanto Paese membro dello Spazio Schengen, ha ricordato Pierre-Alain Fridez (PS/JU) a nome della commissione. Se non dovesse farlo, c'è il rischio che la Confederazione venga esclusa da tali accordi.

"È un rischio che non possiamo permetterci di correre", hanno sottolineato diversi parlamentari. Una disdetta degli accordi di Schengen avrebbe durissime conseguenze per la Svizzera, in particolare per i cantoni di frontiera, ha sottolineato Corina Eichenberger-Walther (PLR/AG).

È vero che i benefici in materia di sicurezza della nuova direttiva europea non sono evidenti, quelli della partecipazione a Schengen sono però chiari, ad esempio per la lotta al terrorismo, ha sostenuto l'argoviese. "Lo scambio di informazioni all'interno dello spazio Schengen è essenziale per le forze dell'ordine", ha aggiunto la consigliera federale Simonetta Sommaruga.

Nicolo Paganini (PPD/SG) ha affermato che la commissione ha interpretato in maniera molto larga le nuove direttive. I membri delle società di tiro non hanno nulla da temere e il fucile militare potrà continuare a esse tenuto al termine del servizio, ha fatto notare il sangallese ricordando che "non si parla di pistole ad acqua ma di armi semiautomatiche".

Per l'UDC le nuove disposizioni non serviranno invece a rendere la Svizzera più sicura: "questa legge non serve a niente", ha sostenuto Beat Arnold (UDC/UR) ricordando che i terroristi si procurano le armi in modo illegale.

In Europa - ha proseguito l'urano - le leggi in materia sono molto restrittive ma ciò non ha impedito gli attacchi terroristici che del resto sono commessi anche con armi bianche, ricorrendo pure a auto e camion. Per Arnold insomma "non è l'arma che uccide ma l'essere umano".

La polizia sarà chiamata a un grosso lavoro burocratico per controllare le armi, ha aggiunto Werner Salzmann (UDC/BE). Ci saranno quindi meno agenti in servizio sul terreno con una conseguente diminuzione della sicurezza, ha affermato il bernese.

L'udc ha anche chiesto la sospensione dell'esame del dossier nell'attesa che la Corte di giustizia dell'Unione europea (CGUE) si pronunci su un ricorso della Cechia. Il governo ceco vuole far annullare la direttiva e critica in particolare quattro punti, fra cui la deroga concessa a Berna per i fucili d'assalto.

Oltre al fatto che le decisioni della CGUE non sono vincolanti per la Svizzera, c'è il forte rischio che il termine concesso per riprendere il diritto europeo sulle armi - fine maggio 2019 - non possa essere rispettato, ha ricordato Paganini. Il ricorso non ha infatti effetto sospensivo. Il pericolo è sempre quello: mettere in forse la partecipazione agli accordi di Schegen. "È un rischio che non bisogna prendere alla leggera", ha dichiarato Eichenberger-Walther.

Il vero obiettivo dell'UDC è denunciare gli accordi di Schengen, ha poi affermato Carlo Sommaruga (PS/GE). Il partito non ha però il coraggio di dirlo chiaramente e vuole giungere a questo scopo tramite vie traverse, ha aggiunto il ginevrino.

Accusa respinta al mittente da Jean-Luc Addor (UDC/VS) secondo il quale la Confederazione non sarà di sicuro esclusa da Schengen: "tale accordo, che non contiene una clausola di esclusione automatica, è vantaggioso per entrambe le parti, l'Ue e la Svizzera".

Al voto, le proposte dell'UDC di non entrata in materia, di rinvio al governo e di sospensione dell'esame del dossier sono state tutte bocciate a larga maggioranza. L'esame dettagliato per articolo può ora cominciare.

Bruxelles vuole inasprire le norme sulle armi entro la fine del 2019. La nuova direttiva in materia era stata proposta dalla Commissione Ue il 18 novembre 2015, pochi giorni dopo la seconda strage di Parigi e il Parlamento europeo l'ha approvata il 14 marzo 2017.

In base al progetto del Consiglio federale presentato il 2 marzo scorso, una volta prosciolti dall'obbligo di prestare servizio militare, i cittadini potranno ancora tenere l'arma dell'esercito col relativo caricatore da venti cartucce e continuare a utilizzarla per il tiro sportivo.

I Cantoni avranno tempo tre anni affinché gli attuali detentori di armi si facciano confermare il legittimo possesso presso gli uffici preposti. Tale conferma sarà necessaria soltanto se l'arma non risulta già iscritta in un registro o non è stata ceduta in proprietà direttamente dall'esercito al termine degli obblighi militari.

Anche i collezionisti e i musei potranno acquisire armi, a condizione di aver adottato tutte le misure necessarie per custodirle in sicurezza e di tenere un elenco delle armi che necessitano di un'autorizzazione eccezionale.

La nuova disposizione non si applica però ai cacciatori. Per praticare la loro attività prediletta essi non si servono infatti di armi semiautomatiche, ma utilizzano le classiche armi da caccia.