L'entrata in materia non era contestata: tutti i gruppi parlamentari hanno sottolineato la necessità di rivedere una legge, sulla base degli ultimi standard dell'organizzazione mondiale del commercio, volta ad armonizzare le regole a livello federale in un settore "capitale" - gli appalti pubblici di Confederazione, Cantoni e Comuni - che vale oltre 40 miliardi di franchi, ossia il 6-7% del Prodotto interno lordo (PIL).
La revisione della legge dovrebbe quindi rafforzare la concorrenza in Svizzera, snellendo i processi di aggiudicazione e le procedure di ricorso.
Una concorrenza che però dev'essere tutt'altro che selvaggia. Allo scopo di offrire alle aziende elvetiche maggiori possibilità di riuscita di fronte a ditte straniere agguerrite che possono offrire prestazioni a costi talvolta stracciati, il plenum è d'accordo nel non ritenere il prezzo quale "criterio base" di aggiudicazione.
Altri elementi, come il rapporto qualità/prezzo, il rispetto delle condizioni di lavoro locali, la sostenibilità e l'innovazione devono essere tenuti in considerazione.
"Per sostenibilità non si intende solo il rispetto dell'ambiente, ma anche il fatto che un'azienda impieghi o meno apprendisti, quindi sia impegnata nella formazione", ha spiegato il consigliere federale Ueli Maurer.
La revisione di legge include anche aspetti che dovrebbero agevolare le aziende provenienti da regioni linguistiche minoritarie, Romandia e Svizzera italiana. Secondo la commissione preparatoria, i bandi devono essere redatti almeno in due lingue ufficiali, mentre per le offerte sono ammissibili tutte le lingue ufficiali.
Per diversi oratori, la revisione della legge deve proteggere il lavoro in Svizzera dalla concorrenza sleale, sia interna come insegna il caso "appaltopoli" nei Grigioni, sia proveniente dall'estero.