La Camera dei Cantoni, rispetto alla soluzione adottata la scorsa sessione estiva dal Nazionale, ha tuttavia inserito alcuni inasprimenti eurocompatibili per non far fallire il progetto. L'arma di ordinanza continuerà tuttavia a non far parte delle armi vietate.
I correttivi si sono resi necessari perché alcune disposizioni adottate dal Nazionale sono contrarie alla nuove direttive europee, è stato ricordato più volte in aula, sia dalla Consigliera federale Simonetta Sommaruga sia da diversi "senatori", alcuni dei quali hanno sottolineato l'importanza di giungere a un compromesso per non mettere in pericolo la partecipazione elvetica allo spazio Schengen.
Le disposizioni adottate dalla Camera dei cantoni, sulle quali dovrà ritornare a discutere il Nazionale, riguardano i caricatori e la tracciabilità degli elementi essenziali di un'arma.
Per quanto attiene ai caricatori, il plenum ha deciso che solo chi è autorizzato ad acquistare un'arma può anche procurarsi un caricatore di grande capacità. La direttiva Ue vuole che questo problema venga codificato. Attualmente i caricatori sono in vendita libera e il Nazionale vorrebbe lo status quo. Gli armaioli non dovrebbero però essere obbligati a redigere un inventario dei caricatori. In questo modo si riduce il carico amministrativo per i commercianti.
Circa la marcatura, i "senatori" hanno preferito il modello del Consiglio federale al posto della soluzione escogitata dal Nazionale. La direttiva Ue esige che le parti essenziali di un'arma da spalla, ossia l'alloggiamento della culatta, la culatta stessa e la canna, siano contrassegnate, e non solo una parte essenziale come deciso dalla Camera del popolo.
UDC scettica, per PS progetto modesto
Anche gli Stati, sebbene con meno enfasi, hanno riproposto le linee di frattura evidenziatesi al Consiglio nazionale, con l'UDC molto scettica sulla pertinenza e l'efficacia degli inasprimenti voluti dall'Ue dopo gli attentati terroristici di Parigi. Alex Kuprecht (UDC/SZ) ha messo in dubbio che le misure chieste dall'Ue faranno aumentare la sicurezza. Molti attentati sono stati compiuti mediante l'uso di automezzi e non armi e, per quanto attiene a queste ultime, i criminali possono sempre procurarsele al mercato nero o sul darknet (o rete scura).
La nuova direttiva Schengen, a suo parere, è un esempio pregnante di quello che accadrà se la Svizzera e l'Ue dovessero concludere un accordo istituzionale, ha messo in guardia il "senatore" svittese. Berna non potrebbe far altro che adeguare le proprie leggi a quanto deciso da Bruxelles. Kuprecht ha poi sostenuto che un "no" elvetico non pregiudicherebbe la partecipazione svizzera a Schengen e, in particolare, alla banca dati sui criminali, visto che quest'ultima viene alimentata anche da Berna, non solo con informazioni utili a tutti ma anche con svariate decine di milioni.
Diversa la musica da sinistra. Daniel Jositsch (PS/ZH) e Géraldine Savary (PS/VD) hanno sottolineato la modestia degli adattamenti cui è chiamata la Confederazione. Entrambi avrebbero voluto un giro di vite maggiore. In particolare Jositsch, in qualità di giudice militare, ha evocato i numerosi casi da lui visti di abuso delle armi militari (violenze, suicidi). Géraldine Savary ha insistito sull'importanza di un compromesso su questa materia, tanto più che il Consiglio federale è riuscito a negoziare con Bruxelles eccezioni volte a preservare la tradizione elvetica del tiro.
Un aspetto quest'ultimo evocato anche dalla ministra di giustizia e polizia, la quale ha rammentato che le eccezioni ottenute da Berna non sono piaciute a tutti gli Stati. Insomma, per i soldati che vogliono tenere la loro arma di servizio non cambia nulla, né per i cacciatori, i musei e i collezionisti. Sommaruga ha sottolineato tuttavia l'importanza, specie per le forze di polizia, di poter accedere alla banca dati europea, e l'efficacia di questo strumento nella lotta alla criminalità. Non è il caso insomma di mettere in pericolo la partecipazione elvetica allo spazio Schengen.
La nuova direttiva
La nuova direttiva in materia era stata proposta dalla Commissione Ue il 18 novembre 2015, pochi giorni dopo la seconda strage di Parigi. Il Parlamento europeo l'ha approvata il 14 marzo 2017.
In base al progetto del Consiglio federale adottato oggi anche dagli Stati, una volta prosciolti dall'obbligo di prestare servizio militare, i cittadini potranno ancora tenere l'arma dell'esercito col relativo caricatore da venti cartucce e continuare a utilizzarla per il tiro sportivo.
I Cantoni avranno tempo tre anni affinché gli attuali detentori di armi semiautomatiche si facciano confermare il legittimo possesso presso gli uffici preposti. Tale conferma sarà necessaria soltanto se l'arma non risulta già iscritta in un registro o non è stata ceduta in proprietà direttamente dall'esercito al termine degli obblighi militari.
Anche i collezionisti e i musei potranno acquisire armi, a condizione di aver adottato tutte le misure necessarie per custodirle in sicurezza e di tenere un elenco delle armi che necessitano di un'autorizzazione eccezionale.
La nuova disposizione non si applica però ai cacciatori. Per praticare la loro attività prediletta essi non si servono infatti di armi semiautomatiche, ma utilizzano le classiche armi da caccia