(ats) I funzionari federali non dovranno essere trattati come quelli del settore privato e il relativo sistema salariale non dovrà essere rivisto per basarlo sulle prestazioni. Il Consiglio degli Stati ha bocciato oggi una serie di mozioni che chiedevano di rivedere i diritti del personale della Confederazione.

La prima mozione, proposta dall'UDC e respinta con 34 voti contro 8 e 2 astenuti, chiedeva l'elaborazione di un vero sistema salariale basato sul merito e la soppressione di numerose gratifiche. Per la maggioranza, le modifiche richieste comporterebbero però una gran mole di lavoro per benefici tutto sommato modesti. In una impresa di grandi dimensioni come l'Amministrazione federale, inoltre, non si può imporre uno schema uniforme per la valutazione delle prestazioni, ha sottolineato il relatore commissionale Peter Hegglin (PPD/ZG).

La seconda proposta, pure democentrista, - bocciata con 36 voti contro 7 e una astensione - voleva fare in modo che il diritto del personale della Confederazione si ispirasse maggiormente a quello del diritto del lavoro nel settore privato. Anche in questo caso è stato fatto notare che gli impiegati della Confederazione formano un insieme eterogeneo e la regolamentazione deve tener conto dei casi particolari.

Detto ciò, Robert Cramer (Verdi/GE), che ha parlato a nome della commissione, ha ricordato che le condizioni di assunzione del personale federale corrispondono quindi già oggi in gran parte a quelle che si applicano nell'economia privata. Una ripresa integrale delle disposizioni del Codice delle obbligazioni non comporterebbe dunque praticamente alcun cambiamento.

I "senatori" hanno in seguito anche deciso, con 24 voti contro 19, di rinunciare a limitare il numero dei dipendenti della Confederazione. Hanno così seguito il parere del governo che chiedeva lo stralcio di una mozione adottata dalle camere del 2015.

L'atto parlamentare chiedeva di porre un limite all'organico dell'Amministrazione federale, fissandolo a 35 mila posti a tempo pieno, ossia la cifra inserita nel preventivo del 2015. Nel chiedere l'archiviazione della mozione, il governo aveva sostenuto la necessità di poter avere un certo margine di manovra per far fronte a imprevisti o a nuovi compiti assegnatigli dalle Camere federali.

Il consigliere federale Ueli Maurer ha anche affermato che il controllo dei costi è uno strumento più efficace di una soglia massima dei posti di lavoro. La commissione preparatoria proponeva invece di non stralciare la mozione prima di conoscere la pianificazione del personale a medio termine del Dipartimento delle finanze.

I "senatori" hanno pure bocciato - con 35 voti contro 6 - una mozione della Commissione delle finanze del Nazionale che mirava ad abrogare le disposizioni relative alla compensazione del rincaro dalla legge sul personale federale. L'atto parlamentare, ha spiegato Hans Stöckli (PS/BE), è superfluo perché come per tutte le questioni relative al budget tocca in ogni caso al Parlamento decidere.

I consiglieri agli Stati hanno infine adottato - tacitamente - una versione modificata di una mozione depositata dal consigliere nazionale Peter Keller (UDC/NW). Il nidvaldese vuole obbligare gli impiegati federali a versare "integralmente" alla Cassa federale le indennità percepite per le attività esercitate in relazione con il rapporto di lavoro presso la Confederazione.

Al Nazionale Keller aveva fatto allusione al caso del direttore dell'Ufficio federale dello sport Matthias Remund, che incassa 36'000 franchi in qualità di rappresentante degli impiegati federali alla cassa pensioni PUBLICA, somma che però conserva tutta per sé.

Per la maggioranza dei "senatori", la proposta di Keller è però troppo radicale. Hanno quindi proposto che in futuro gli impiegati federali versino alla Cassa federale "una parte adeguata" delle indennità.