(ats) Occorre firmare e ratificare il trattato sulla proibizione delle armi nucleari (TPNW) senza esitazioni. È quanto chiede una mozione del consigliere nazionale Carlo Sommaruga (PS/GE) accolta oggi - con 24 voti contro 15 e 2 astenuti - dal Consiglio degli Stati contro il parere della sua Commissione di politica estera. Il Consiglio federale aveva deciso in estate di non firmare per il momento il trattato.

L'atto parlamentare invita l'esecutivo a firmare al più presto il TPNW, sottoponendolo poi per ratifica al Parlamento.

Dopo aver sentito vari esperti e pur condividendo l'obiettivo del Governo di un mondo senza armi nucleari, la commissione aveva ritenuto necessario - seppur di misura per 7 voti a 6 - prendersi una pausa di riflessione. Oggi la maggioranza del plenum è stata di avviso opposto.

A far pendere la bilancia per il "sì" è stata un'alleanza tra la sinistra e il PPD, per la quale una ratifica del trattato segnerà chiaramente il sostegno della Svizzera al diritto internazionale umanitario e ai suoi valori. Per l'UDC e il PLR, invece, non c'era fretta. "Non ha senso firmare un trattato la cui portata per il momento è soltanto simbolica e non genererebbe alcun progresso", ha spiegato invano il "senatore" Damian Müller (PLR/LU) a nome della maggioranza commissionale.

L'obiettivo di una denuclearizzazione non è contestato, ha aggiunto il liberale-radicale, precisando che i principali attori non hanno sottoscritto il trattato e, a causa delle sue lacune, il testo rischia di polarizzare la discussione anziché facilitarla.

Tradizione umanitaria

Berna ha finora ratificato tutti gli accordi di disarmo, indipendentemente dalla posizione delle grandi potenze, ha replicato Anne Seydoux (PPD/JU). La Confederazione ha mantenuto relazioni molto buone con questi Paesi. "Non ratificare il trattato è incompatibile con la tradizione umanitaria della Svizzera". La reputazione elvetica è in gioco, ha aggiunto la popolare-democratica.

Per Daniel Jositsch (PS/ZH), in ogni caso la peggiore tattica è quella di temporeggiare. Occorre invece mettere la pressione sulle grandi potenze.

Dal canto suo, Josef Dittli (PLR/UR) ha criticato il fatto che non si può arrivare a una denuclearizzazione senza i Paesi detentori dell'arma atomica, quali la Russia o il Pakistan.

Sicurezza europea indebolita

Prendendo la parola, il ministro degli affari esteri Ignazio Cassis ha sottolineato come esistano buoni argomenti pro o contro la firma immediata del trattato, ciò che attesta la complessità del dossier. Aderirvi subito sarebbe però in conflitto con il ruolo di costruttrice di ponti della Svizzera. Quasi tutti i Paesi europei sono critici nei confronti del trattato, poiché per ora esso indebolirebbe la sicurezza europea anziché rafforzarla.

La Confederazione non dice soltanto "no". Il Consiglio federale ha deciso che Berna parteciperebbe alla conferenza degli Stati in quanto osservatrice. Il Governo ha l'intenzione di proseguire la sua politica in materia di disarmo nucleare seguendo la sua tradizione umanitaria, ha spiegato il ticinese.

Il Consiglio federale, per bocca di Cassis, prevedeva di riesaminare la sua posizione nei confronti del trattato in vista della prima conferenza di esame, cinque anni dopo la sua entrata in vigore prevista nel 2020.

67 Paesi l'hanno firmato, 19 ratificato

Il trattato è stato negoziato in seno all'ONU nel 2017. Tutti gli Stati che detengono l'arma atomica e la maggior parte dei loro alleati si sono tenuti in disparte durante le trattative.

Alla fine il testo è stato adottato con 122 voti contro 1 (Paesi Bassi) e 1 astenuto (Singapore). Nel frattempo 67 Paesi l'hanno firmato e 19 l'hanno ratificato.