Per la maggioranza della Camera del popolo, le misure proposte dall'esecutivo vanno nella giusta direzione e permetteranno di ridurre drasticamente i passaggi al servizio civile, soprattutto da parte di militari che hanno assolto la scuola reclute e di specialisti e quadri, ha spiegato Jean-Luc Addor (UDC/VS) a nome della commissione.
Secondo il consigliere federale Guy Parmelin, da quando è stato abolito l'esame di coscienza nel 2009 il numero di civilisti è costantemente aumentato. Le ammissioni sono passate da 4670 nel 2011 a 6785 nel 2017. Nel 2018 sono però scese dell'8,5% a 6205. Per il Consiglio federale, tale numero è ancora troppo elevato, anche perché di questi 6'205 "civilisti", 2'264 avevano terminato la scuola reclute e 428 erano quadri e specialisti, ha spiegato Parmelin.
"Questo cosa comporta? Comporta un serio rischio in termini di politica di sicurezza per il nostro Paese", ha spiegato il consigliere nazionale Rocco Cattaneo (PLR/TI). Dal canto suo, Ida Glanzmann (PPD/LU) ha sottolineato come non vi sia una libera scelta tra il servizio civile e quello militare nella Costituzione.
Sinistra contraria
Sostenuti dal PS, dai Verdi liberali e da taluni deputati del gruppo di Centro, i Verdi hanno difeso invano la non entrata nel merito. Gli effettivi dell'esercito non sono in pericolo, ha spiegato Fabien Fivaz (Verdi/NE). Le misure preconizzate hanno un carattere punitivo, sono contrarie al diritto internazionale o rappresentano dei cavilli inutili, gli ha fatto eco Priska Seiler Graf (PS/ZH).
"Poiché l'esercito non è più attrattivo, si vuole rendere meno interessante il servizio civile", ha rilevato dal canto suo Brigitte Crottaz (PS/VD). L'anno scorso, 1,2 milioni di giornate sono state investite nella sanità, nel sociale, l'agricoltura o la salvaguardia del patrimonio, ha aggiunto ancora Fivaz, chiedendosi a quale prezzo si vuole abbandonare questo apporto alla comunità.
Impieghi all'estero
Nella deliberazione di dettaglio, la Camera del popolo non ha seguito la sua commissione preparatoria su un punto, preferendole la versione degli Stati. Il Consiglio nazionale - con 97 voti contro 95 e 2 astenuti - non ha voluto abolire gli impieghi all'estero. La maggioranza li ha ritenuti preziosi, sottolineando che la cooperazione allo sviluppo rappresenta una priorità di politica estera della Svizzera.
Tra i due rami del Parlamento sussiste invece una divergenza: con 123 voti contro 68 e 3 astenuti, la Camera del popolo non ha voluto introdurre un'attesa di 12 mesi per i militari incorporati prima di essere liberati dall'esercito. Su questo punto i "senatori" avevano seguito il Consiglio federale.
Tutte le altre sei misure avanzate dal Consiglio federale hanno invece ricevuto il via libera della Camera del popolo senza patemi d'animo. Fra queste vi sono il numero minimo di giorni di servizio portato a quota 150 per tutti e l'applicazione pure a sottufficiali e ufficiali del fattore 1,5 (vanno svolti una volta e mezzo i giorni di servizio militare).
Referendum in vista?
Come detto, una minoranza composta da sinistra, Verdi liberali e taluni deputati di centro invece non vede alcun pericolo per gli effettivi dell'esercito e ritiene inopportuna la riforma. A suo avviso, le limitazioni delle ammissioni hanno unicamente quale scopo l'inaccettabile indebolimento del servizio civile.
Alcuni provvedimenti del Consiglio federale sarebbero inoltre di carattere punitivo, mentre altri sarebbero arbitrari o sproporzionati. Per questo la sinistra brandisce la minaccia di un referendum, in caso di accettazione definitiva della riforma.
Intanto il progetto ritorna agli Stati per appianare l'ultima divergenza che ancora divide le due Camere.