Il dibattito, che non ha riservato sorprese, si è tenuto nel quadro di una sessione straordinaria sul tema della migrazione e dell'asilo. Le due proposte democentriste, di tenore analogo, volevano in un caso scongiurare l'arrivo in Svizzera di persone potenzialmente pericolose provenienti da regioni con forte presenza di gruppi terroristici e, nell'altro, alloggiare in centri chiusi o controllare in maniera permanente coloro la cui identità non è accertata, nell'attesa di un chiarimento completo.
Nel 2020 e il 2021 il Consiglio federale ha deciso di accogliere fino a 1600 rifugiati bisognosi di protezione, ha ricordato Michaël Buffat (UDC/VD), facendo notare che almeno l'80% di questo contingente è destinato a persone provenienti dalle regioni di crisi del Medio Oriente. "Non possiamo correre il rischio di fare entrare richiedenti pericolosi per la nostra sicurezza, che poi non possiamo allontanare."
"La domanda non è se ma quando la Svizzera sarà colpita da attacchi", gli ha fatto eco la collega di partito Martina Bircher (AG) , elencando una serie di recenti attacchi avvenuti in Europa e Svizzera - Parigi, Berlino, Morges - e pure quelli scongiurati di Basilea, dove un giovane voleva fare esplodere dei serbatoi di carburante, e di Winterthur, dove un Imam aveva proferito minacce nei confronti dei fedeli di altre religioni.
Non si sono fatte attendere le repliche dal resto dell'emiciclo. La socialista Ada Marra (VD) ha snocciolato una serie di cifre, concludendo che in otto anni sono 6342 le persone in fuga dalla guerra in Siria accolte in Svizzera. Le mozioni vogliono porre fine a questa "accoglienza lillipuziana", ha aggiunto, invocando la tradizione umanitaria elvetica e parlando di proposte disumane. La maggior parte degli attacchi sono commessi da persone che vivono qui, ha ricordato.
Sulla stessa lunghezza d'onda Marco Romano (Centro/TI), che ha bollato i due interventi UDC come "non necessari e fuori luogo", e sottolineato che non sono certo queste mozioni a poter risolvere il problema del terrorismo. Serve, ha aggiunto, "rigore e controlli", facendo notare come gli attacchi di Morges e Lugano non riguardino richiedenti. Chi non comunica la propria identità non ha diritto, per legge, all'asilo, ha poi ricordato.
Per Aline Trede (Verdi/BE) si è trattato di "un dibattito sui valori che distinguono la Svizzera e contraddistinguono la nostra società, valori che sono a rischio perché da parecchio tempo nel mirino dell'UDC". La sicurezza è un criterio fondamentale, ha da parte sua aggiunto Damien Cottier (PLR/NE), ma il sistema di screening permette un livello di controllo elevato. "Escludere tutte le persone che provengono dalle zone a rischio sarebbe una grande ipocrisia, perché i rifugiati non provengono dalla Svezia o dal Canada".
La ministra di giustizia e polizia Karin Keller-Sutter ha rammentando che il programma di reinsediamento deve aiutare chi scappa dalla guerra e riguarda persone definite rifugiati dall'UNHCR. Alla Svizzera viene proposta l'accoglienza di persone analizzate sotto vari aspetti, ha aggiunto, elencando controlli di identità, interrogatori, impronte digitali e verifica dei documenti.
"Se l'identità non è certa non vengono accolti", ha sottolineato, facendo notare ai ranghi dell'UDC come si tratti di persone vulnerabili, donne, bambini, anziani, malati. "Naturalmente sappiamo che ci sono anche gruppi radicalizzati, ma è proprio da loro che scappano queste persone." Per quanto riguarda la seconda mozione, Keller-Sutter ha semplicemente precisato che rinchiudere richiedenti non è conforme alla Costituzione federale.