Riconoscere la deduzione sociale ai soli residenti e ai "quasi residenti" risulta più corretto rispetto alla situazione attuale, sostiene il ticinese nel suo atto parlamentare. La situazione giuridica attuale favorisce infatti i "non residenti" poiché possono beneficiare sia in Svizzera sia nel loro Stato delle deduzioni sociali.
Correggendo questa situazione si permetterebbe ai cantoni di frontiera di aumentare le loro entrate finanziarie. Chiesa propone pertanto una modifiche della Legge federale sull'armonizzazione delle imposte dirette dei Cantoni e dei Comuni e della Legge federale sull'imposta federale diretta.
L'iniziativa, ha però sottolineato Erich Ettlin (Centro/OW) a nome della commissione, creerebbe una disparità di trattamento tra le persone che risiedono all'estero e sono in parte imponibili in Svizzera e quelle residenti in Svizzera e in parte imponibili all'estero.
Questa situazione asimmetrica non andrebbe necessariamente corretta, ma se si dovesse farlo il dispendio legislativo sarebbe notevole. Per questo motivo, lo strumento dell'iniziativa parlamentare non viene ritenuto adeguato. È ipotizzabile l'inoltro di una mozione, ha suggerito Ettlin, ma prima di farlo occorre attendere il rapporto dell'Amministrazione federale delle contribuzioni sul tema che dovrebbe essere disponibile ancora quest'anno.
Il Consiglio degli Stati ha poi deciso di archiviare, su proposta del governo, una mozione che chiedeva di fare in modo che le deduzioni generali e sociali dei contribuenti residenti in Svizzera e limitatamente assoggettati all'estero vengano prese in considerazione a pieno titolo.
Secondo l'esecutivo la mozione è irrealizzabile: è infatti alquanto improbabile che uno Stato estero si impegni nell'ambito di una Convenzione per evitare la doppia imposizione (CDI) a concedere deduzioni previste dal diritto svizzero. "La questione delle deduzioni e delle tariffe fiscali non è inoltre armonizzata a livello internazionale per via dei differenti sistemi nazionali e della sua complessità", precisa il governo in nel rapporto che chiedeva l'archiviazione dell'atto parlamentare.