(ats) Nonostante l'opposizione del campo rosso-verde, che ha parlato di violazione della libertà individuale e di tortura, gli stranieri colpiti da decreto di espulsione vanno testati contro il Covid-19 anche contro la loro volontà, se necessario, onde facilitarne l'allontanamento.

Lo prevede una modifica legislativa approvata oggi dal Consiglio nazionale per 119 voti a 65. Qualora anche gli Stati dovessero approvare questa modifica alla legge sugli stranieri e l'integrazione nel corso di questa sessione, le nuove disposizioni potrebbero entrare in vigore immediatamente. I due rami del parlamento sono infatti chiamati ad approvare la clausola d'urgenza, contro la quale la sinistra oggi nel plenum si è opposta vanamente.

Test necessario per allontanamento

Il perché di questa modifica, per i fautori della revisione promossa dal Consiglio federale è presto detto: visto il crescente numero di persone che si rifiutano di sottoporsi a un test, è necessario intervenire allo scopo di garantire l'esecuzione dei rinvii e una politica d'asilo coerente.

Numerosi paesi pretendono infatti un test Covid-19 negativo per riammettere le persone allontanate dalla Svizzera sia perché la loro domanda di asilo è stata respinta, sia quale conseguenza di una condanna. Per la maggioranza, l'esecuzione di tale test, anche contro la volontà del soggetto interessato, rientra nell'obbligo di collaborare e deve quindi anche poter essere pretesa.

Per diversi oratori favorevoli alle maniere forti, quando necessario, è un oltraggio il fatto che vi siano persone che rifiutano il test, mentre la popolazione è obbligata ad esibire un certificato Covid per andare al ristorante.

Insomma, qui si tratta di far rispettare lo stato diritto, che alcuni prendono a calci, invece di farsi prendere in giro, tanto più che la legge prevede che i test potranno essere svolti solo da personale formato apposta e se non vi è il rischio di ferire la persone interessata.

Nel suo intervento, la consigliera federale Karin Keller-Sutter ha difeso la revisione, accennando anche ai problemi di spazio denunciati dai Cantoni nelle strutture destinate alle persone in attesa di espulsione, problemi dovuti al fatto che diverse persone non sono state allontanate proprio perché non si sono fatte testare.

Una riforma sproporzionata

Il campo rosso-verde considera invece un'esecuzione coercitiva del test una violazione sproporzionata della libertà personale e dell'integrità fisica, in contraddizione con la tradizione umanitaria della Svizzera. La revisione è anche discriminante, poiché finora in Svizzera nessuno è obbligato a farsi testare contro il coronavirus.

Per la consigliera nazionale Greta Gysin (Verdi/TI), la modifica legislativa è inutile, poiché riguarda in fondo una manciata di persone - una cinquantina a maggio - a fronte delle migliaia di allontanamenti effettuati ogni anno. Oltre a ciò, viola la libertà individuale, è sproporzionata, e crea oltretutto un grave conflitto di coscienza al personale chiamato ad eseguire simili test contro la volontà dell'interessato, visto che chi si oppone dovrà essere per forza legato, con tutti i rischi connessi del caso. Per la deputata ecologista, la Svizzera non dovrebbe tradire i propri principi, infliggendo trattamenti degradanti, per un problema tutto sommato marginale.

Ma nonostante l'accorato appello, il plenum ha deciso di seguire le argomentazioni della propria commissione e del governo respingendo sia la richiesta di non entrata nel merito di PS e Verdi, sia la proposta di minoranza di Angelo Barrile (PS/ZH) che voleva condizionare l'esecuzione di un test naso-faringeo al consenso esplicito della persona interessata. No nemmeno alla proposta di sottoporre la legge emendata al referendum facoltativo, aggirando in questo modo la volontà del governo di dichiararla urgente per farla entrare in vigore immediatamente.