I due rami del Parlamento avevano già approvato il contributo il 3 dicembre 2019. Le due Camere federali avevano però aggiunto una clausola: il versamento diverrà effettivo solo quando l'UE ritirerà le misure discriminatorie nei suoi confronti, come la mancata proroga dell'equivalenza borsistica. E, soprattutto, se non ne adotterà di nuove, ha ricordato il relatore commissionale Matthias Michel (PLR/ZG).
Le acque sono in seguito rimaste calme fino alla scorsa primavera, quando il Consiglio federale aveva respinto l'accordo quadro istituzionale. Nella lettera inviata il 26 maggio 2021 alla presidente della Commissione europea nella quale diceva di non voler firmare l'accordo, il Governo aveva anche precisato la volontà di adoperarsi affinché il Parlamento sbloccasse in tempi rapidi il cosiddetto secondo miliardo di coesione.
Nel suo messaggio licenziato l'11 agosto, il Consiglio federale ha formalmente chiesto al Parlamento di revocare il blocco del miliardo (in realtà 1,3 miliardi di franchi spalmati su dieci anni). Con il contributo di coesione il Governo afferma di voler "sottolineare, in seguito alla decisione di porre fine ai negoziati sull'accordo istituzionale, che la Svizzera rimarrà un partner affidabile dell'UE".
Alcuni giorni dopo le due Commissioni della politica estera (CPE) del Consiglio nazionale e degli Stati hanno dato il loro benestare.
Entrata in materia
Nel dibattito sull'entrata nel merito oggi alla Camera dei cantoni non sono tuttavia mancate voci critiche, soprattutto da parte del gruppo UDC, ma la maggioranza ha sottolineato i vantaggi di un sì al contributo destinato al fondo di coesione dell'UE.
Carlo Sommaruga (PS/GE) ha ricordato come l'accesso facilitato al mercato unico di 500 milioni di consumatori sia una necessità per la Svizzera. Il 69% delle importazioni elvetiche proviene dall'UE e il 51% delle nostre esportazioni vi sono destinate, ha precisato il ginevrino. A sua volta Benedikt Würth (Centro/SG) ha invitato il plenum a fare un passo in direzione direzione di Bruxelles. Ma, ha tenuto a ribadire il sangallese, anche l'Unione europea dovrà ora fare un passo in direzione della Svizzera, affinché i rapporti tra vicini (Svizzera-UE) si normalizzino.
Thomas Minder (Indipendente/SH) ha invece parlato di una partita di poker in cui la Svizzera ha tutto da perdere versando il "miliardo di coesione". Il "senatore" sciaffusano, che appartiene al gruppo democentrista, si è detto pure sorpreso del fatto che il secondo contributo agli Stati membri dell'UE non sottostà al referendum facoltativo.
Dal canto suo, Marco Chiesa (UDC/TI) ha affermato che le discriminazioni nei confronti della Svizzera permangono (l'equivalenza borsistica, la ricerca, la formazione e altri campi). Secondo il "senatore" ticinese, Berna "è pronta a sottomettersi alla politica colonialista di Bruxelles". Per questo bisogna "rifiutare fughe in avanti pericolose per la nostra credibilità e indipendenza", ha aggiunto. Ma, come detto, la maggioranza del plenum non lo ha seguito e si è allineata alla proposta di entrata in materia della commissione preparatoria.
I dibattiti proseguono con l'esame di dettaglio.
Processo può durare tre anni
I fondi del credito quadro per la coesione possono essere impiegati soltanto a partire dal 3 dicembre 2024. Non sono direttamente versati ai Paesi partner ma attribuiti a progetti e a programmi specifici, ha sottolineato il consigliere federale Ignazio Cassis. Un processo che può durare tre anni.
Anche in caso di sblocco entro la fine dell'anno, sarà quindi difficile raggiungere un impiego totale dei fondi sulla base della legislazione vigente, ha sottolineato il Governo nel suo messaggio al Parlamento. Ma il passo odierno rappresenta un segnale positivo forte, ha rilevato ancora Cassis.
Erasmus+
Intanto, mentre i "senatori" dibattevano dell'entrata nel merito sul miliardo di coesione, la Camera del popolo ha approvato - con 143 voti a 48 - una mozione della sua CPE che chiede di subordinare lo sblocco alla presentazione entro la sessione invernale 2021, da parte del Consiglio federale, del messaggio concernente il finanziamento della partecipazione della Svizzera a Erasmus+.
Pur condividendo gli obiettivi della mozione, il presidente della Confederazione Guy Parmelin ha cercato di spiegare che il Consiglio federale ha già adottato a inizio anno il mandato negoziale elvetico. Quando anche Bruxelles lo farà e si sarà trovata un'intesa, l'esecutivo preparerà in tempi molto brevi il messaggio sul finanziamento di Erasmus+. Farlo ora sarebbe prematuro, ha sostenuto invano Parmelin.
L'atto parlamentare passa ora al Consiglio degli Stati. Ma va ricordato come lo sblocco del secondo miliardo di coesione da solo non garantirebbe una associazione della Confederazione a Erasmus+. La sua approvazione è tuttavia una condizione necessaria per riuscirvi. È insomma il gatto che si morde la coda.