(ats) Di professione avvocato con un proprio studio legale, il neo presidente del Consiglio degli Stati, il 62enne Thomas Hefti (PLR) era destinato ad entrare in politica: sia il padre che il nonno erano entrambi attivi su questo fronte. Considerato un conservatore, non ama particolarmente le novità.

Il padre del neopresidente della Camera dei cantoni, Peter Hefti, è stato anch'egli "senatore", mentre il nonno e il bisonno hanno fatto parte del governo di Glarona.

Come molti altri politici attivi a Berna, anche Hefti ha incominciato a farsi le ossa a livello comunale, per poi salire di grado fino ad essere eletto nel 2014 al Consiglio degli Stati in sostituzione di Pankraz Freitag, deceduto in carica.

Formativa ed arricchente la sua esperienza politica alla guida di Glarus Süd, frutto della fusione di diversi comuni, un processo che Hefti ha vissuto personalmente: oggi Glarona conta solo tre comuni.

Di carattere schivo, considerato tra i "senatori" più conservatori del PLR sotto il "cupolone" secondo Smartvote, Thomas Hefti gode di una certa considerazione in Parlamento, pur non bramando le prime pagine dei giornali. La sua influenza è palpabile soprattutto a livello di commissioni, dove avviene il grosso del lavoro politico. Come molti altri parlamentari, anche Hefti non disdegna i mandati extra parlamentari: ne ha ben 17, ma non tutti rimunerati.

Considerato un conservatore, Hefti non ama particolarmente i cambiamenti; si è opposto all'adesione della Svizzera alla Convenzione sulla violenza contro le donne, da lui considerata superflua o alle misure AVS contro il lavoro nero, a suo avviso inefficaci. Scettico anche su un'eccessiva trasparenza nella politica: si è pronunciato contro la pubblicazione dettagliata dei voti espressi in aula.

Poco presente sulla ribalta politica nazionale, Hefti è uscito dal cono d'ombra di un relativo anonimato nazionale presentando nel maggio scorso una proposta volta a modificare il Codice di diritto processuale civile che potrebbe avere conseguenze negative sulla libertà di stampa. In futuro un giudice potrebbe bloccare la diffusione di informazioni su una persona o istituzione in caso di "pregiudizio grave", non quindi "particolarmente grave" come stabilisce attualmente il testo di legge. Una modifica che, secondo il settore, potrebbe pregiudicare molto inchieste giornalistiche.