Le iniziative - tra cui una depositata dal Ticino - fanno in particolare riferimento al divieto di interventi medici e di terapie non urgenti nella primavera del 2020. "Gli ospedali sono stati toccati in maniera importante, non solo per i mancati introiti a seguito del rinvio di operazioni non urgenti, bensì anche per i costi supplementari per il potenziamento delle strutture, del materiale sanitario, per i farmaci, per le misure di sicurezza e soprattutto per il personale necessario", ha sostenuto Marina Carobbio (PS/TI).
Senza un intervento adeguato a livello finanziario della Confederazione, ha proseguito la ticinese, toccherà ai cantoni farsi carico di questi costi non coperti. È vero che nel sistema sanitario ci sono dei compiti ripartiti chiaramente tra cantoni e Confederazione, qui siamo però in una situazione straordinaria di crisi pandemica. "Approfondire quanto richiesto dagli autori delle iniziative cantonali, secondo me, è quindi un passo necessario", ha aggiunto Carobbio.
La messa a disposizione delle necessarie capacità di trattamento, ad esempio nei reparti di terapia intensiva, è e rimane uno dei compiti dei Cantoni che sono responsabili delle cure di base, ha replicato Peter Hegglin (Centro/ZG) a nome della commissione. Questa ripartizione delle competenze non è stata modificata dalla proclamazione della "situazione straordinaria" da parte del Consiglio federale.
Hegglin ha anche stato fatto notare come la Confederazione abbia assunto l'80% dei costi associati alla pandemia. Inoltre i Cantoni hanno sì sostenuto spese impreviste nel 2020, ma hanno anche avuto entrate straordinarie a seguito della distribuzione supplementare dell'utile della Banca nazionale.
La questione non è comunque definitivamente archiviata: è atteso per il 2023 un rapporto finale sull'impatto della pandemia sulle finanze degli ospedali. A quel momento se ne potrà ridiscutere, ha concluso Hegglin convincendo una - risicata - maggioranza del plenum.