(ats) Sono tempi duri per i salari minimi cantonali. Il Consiglio nazionale ha accettato al fotofinish, per 95 voti a 93 (4 astenuti), una mozione già adottata dagli Stati in giugno secondo cui devono cedere il passo alle retribuzioni inserite nei Contratti collettivi di lavoro (CCL).

La mozione, presentata dal "senatore" Erich Ettlin (Centro/OW), chiede che le disposizioni dei CCL nazionali di obbligatorietà generale in materia di salario minimo, tredicesima e ferie prevalgano su quelle divergenti del diritto cantonale. Finora dispongono di un salario minimo il Ticino, il Giura, Neuchâtel, Ginevra e Basilea Città.

"Il partenariato sociale deve rimanere intatto, basato sulla fiducia, grazie ai CCL", ha dichiarato Fabio Regazzi (Centro/TI) a nome della commissione. La decisione del Tribunale federale (TF) del 2017 di dare la precedenza ai salari minimi cantonali rispetto a eventuali contratti collettivi ha aperto un'incertezza giuridica, ha aggiunto il ticinese.

Secondo la maggioranza insomma, i salari minimi cantonali determinano insicurezza nei negoziati tra le parti sociali, intaccando un rapporto collaudato. Inoltre, è proprio il Consiglio federale a dichiarare i CCL di obbligatorietà generale e per questa ragione questi ultimi hanno carattere simile al diritto federale.

"Con questa mozione si vanno a creare dei lavoratori poveri", ha vivamente protestato Cédric Wermuth (PS/AG). Contrario anche il governo, con il consigliere federale Guy Parmelin che ha affermato invano come non si possa contraddire una legge cantonale che ha legittimità democratica. Dal canto loro, i sindacati hanno già definito la mozione un atto di sabotaggio, nonché una violazione della Costituzione.