(ats) Un inasprimento delle norme relative ai lobbisti in Parlamento non è necessario. È l'opinione del Consiglio nazionale che, con 103 voti contro 72, ha bocciato un progetto di legge elaborato dagli Stati elaborata sulla base di un'iniziativa del "senatore" Didier Berberat (PS/NE).

Attualmente i deputati hanno la possibilità di far accreditare due persone esterne, siano essi collaboratori personali oppure rappresentanti di gruppi di interesse. Questa regolamentazione è però stata più volte criticata.

Con il suo atto parlamentare, Berberat chiede l'accreditamento obbligatorio per i lobbisti e l'adozione di un eventuale limite alla loro presenza sotto il "Cupolone", prendendo spunto da quanto già avviene per i giornalisti che seguono da vicino l'attività parlamentare.

Intervenendo in questo modo non si farebbe altro che aumentare l'onere amministrativo, ha però sostenuto in aula il relatore commissionale Michaël Buffat (UDC/VD) chiedendo al plenum di bocciare la revisione legislativa. A suo avviso, c'è inoltre il rischio che il fenomeno venga istituzionalizzato favorendo le grosse agenzie di lobbisti, a scapito di altri.

"Nei corridori di Palazzo si vede benissimo chi discute con chi", ha aggiunto Ruth Humbel (PPD/AG) ricordando che anche gli stessi parlamentari rappresentano interessi particolari. È soprattutto fuori dal Palazzo federale che agiscono i lobbisti, ha aggiunto Marco Romano (PPD/TI) sottolineando i meriti dell'autoregolazione del settore.

I cittadini devono sapere quali interessi si nascondano dietro ai lobbisti che hanno accesso al Parlamento, ha replicato, invano, Nadine Masshardt (PS/BE). Commentando il rifiuto Nicolas Rochet Fernandez (PS/VD) ha sostenuto che ciò non farà altro che portare acqua ai sostenitori dell'iniziativa popolare "Per più trasparenza nel finanziamento della politica".

L'oggetto torna quindi al Consiglio degli Stati.