Per compensare i minuti persi per sessione, il socialista zurighese proponeva di posticipare alle 13.15 (invece delle 13.00) la fine dei dibattiti dal martedì al giovedì e di terminare le sedute del venerdì dell'ultima settimana alle 13.15 (oggi: 11.00). Lo scopo della proposta era di permettere ai parlamentari che rientrano a casa la sera di arrivare in tempo per l'inizio delle discussioni la mattina seguente, nonché di armonizzare gli orari di inizio con il Consiglio degli Stati (dal 2008 la Camera dei cantoni incomincia i propri lavori alle 08.15).
La maggioranza ha però bocciato la proposta temendo un aumento del numero di parlamentari che rientra al proprio domicilio pur ricevendo un indennità giornaliera di 180 franchi per il pernottamento nella capitale, ha spiegato Marco Romano (PPD/TI) a nome della commissione.
La maggioranza ha pure bocciato una proposta dell'UDC di abrogare sic et simpliciter la seduta del venerdì dell'ultima settimana per motivi di risparmio.
Più trasparenza alle Camere
Forte del sostegno del Consiglio degli Stati, il Nazionale si è inoltre espresso per una maggiore trasparenza in Parlamento. La Camera del popolo ha infatti approvato tacitamente una proposta che obbliga i parlamentari a indicare nel registro pubblico degli interessi anche i propri datori di lavoro.
Con 93 voti contro 92 e un voto compatto di UDC e PLR, il Nazionale ha tuttavia bocciato una proposta secondo la quale i parlamentari devono indicare se le attività elencate nel registro sono onorifiche o se per esercitarle sono retribuiti con oltre 12'000 franchi l'anno.
Secondo Gregor Rutz (UDC/ZH), si tratterebbe di un attacco al sistema di milizia. "Se dovessero dichiarare ogni franco e ogni centesimo, taluni politici sarebbero costretti ad abbandonare il loro mandato", ha sottolineato.
Con 144 voti contro 39, il Nazionale ha mantenuto un'altra divergenza con gli Stati. La Camera del popolo non vuole infatti che il Consiglio federale indichi esplicitamente le conseguenze di un progetto legislativo per gli Svizzeri all'estero.
Il dossier ritorna quindi al Consiglio degli Stati, che dovrà appianare talune altre divergenze formali.