Nel corso del dibattito odierno, interrotto dopo due ore per lasciare spazio alla legge sulle armi e che riprenderà la settimana prossima, tutti i gruppi parlamentari, tranne ovviamente i democentristi, raccomandano infatti di respingere una modifica costituzionale che, a loro parere, mette in pericolo il benessere e la stabilità della Svizzera.
Depositata il 12 agosto 2016, la proposta dell'UDC vuole sancire il primato del diritto costituzionale su quello internazionale e obbligare le autorità ad adeguare i trattati internazionali che contraddicono la Costituzione e a denunciarli, se necessario.
Prima del voto finale, il cui esito negativo è scontato dovranno ancora esprimersi singolarmente oltre 80 deputati. I gruppi PLR, Verdi e Verdi liberali, PBD, PPD, PS hanno tuttavia già espresso chiaramente la loro avversione per un'iniziativa giudicata inapplicabile e dannosa per la reputazione internazionale del Paese e per la sua piazza economica.
In particolare, circa la reputazione della Confederazione a livello internazionale, gli oratori dei vari gruppi hanno detto di temere un'eventuale disdetta della Convenzione europea dei diritti umani, passo che isolerebbe il Paese a livello internazionale. "Non è certo ciò che vogliono gli Svizzeri", ha dichiarato in aula il consigliere nazionale ticinese Marco Romano (PPD).
Il diritto internazionale, di cui fanno parte anche i numerosi trattati di libero scambio siglati dalla Confederazione nonché i bilaterali I e II con Bruxelles, è una realtà spesso legittimata dal popolo, ha ricordato Romano, specificando che per dirimere gli eventuali conflitti tra diritto interno e internazionale vi è a disposizione il Parlamento e, in ultima istanza, il Tribunale federale.
Secondo il deputato popolare-democratico, se accolta l'iniziativa creerebbe incertezza giuridica dando un'impressione negativa della Svizzera quale partner internazionale affidabile. Tale stato di cose avrebbe ricadute negative per l'economia elvetica, estremamente globalizzata, che ha bisogno della certezza del diritto per prosperare.
Per Matthias Jauslin (PLR/AG), ogni trattato internazionale rappresenta una restrizione della sovranità, ma la Svizzera è libera o meno di sottoscriverlo. Quando ciò viene fatto, è con piena cognizione di causa. "Per amore della Svizzera" diciamo quindi di no a questa iniziativa, iniziativa che il gruppo socialista, per bocca di Nadine Massahardt (PS/BE), ha addirittura definito "anti svizzera".
"Noi vogliamo semplicemente fare in modo che le decisioni del popolo vengano applicate", ha esordito Hans-Ueli Vogt (UDC/ZH) nel suo intervento, "come nel caso dell'iniziativa per l'espulsione dei criminali stranieri", la cui applicazione è stata limitata da alcune sentenze del Tribunale federale. Secondo Vogt, l'antipatia di molti ambienti nei confronti dell'iniziativa si spiega col fatto che "il popolo dà fastidio". "Il diritto internazionale viene sbandierato come un'arma da coloro che vogliono metterlo a tacere", ha sottolineato Vogt.
L'estensione del diritto internazionale, secondo il professore di diritto zurighese, erode a poco a poco la democrazia diretta. Poiché le regole internazionali cambiano lentamente, sussiste a suo parere il rischio che alle generazioni future venga impedito di modificare determinate regole non più attuali.
A detta di Vogt, l'opinione della maggioranza del plenum fa si che l'Unione europea diventi di fatto l'istanza superiore del diritto svizzero. "Nessun Paese al mondo considera il diritto internazionale superiore al proprio diritto costituzionale", ha tuonato il consigliere nazionale prima di congedarsi.