Gli unici a sostenere l'iniziativa sono i democentristi. Questi hanno accusato gli avversari di voler erodere i diritti popolari, mentre i rappresentanti degli altri gruppi parlamentari hanno rinfacciato ai fautori dell'iniziativa di mettere in pericolo la credibilità della Svizzera quale partner internazionale affidabile e i diritti umani.
All'origine dell'iniziativa vi è una sentenza del Tribunale federale (TF) del 2012. I giudici di Losanna hanno respinto l'espulsione di un delinquente germanico appellandosi alla libera circolazione delle persone, accordo esistente tra la Confederazione e l'Unione europea. Questo accordo prevale secondo una risicata maggioranza dei giudici - 3 a 2 - sul diritto interno.
Il popolo prima di tutto
Per diversi oratori dell'UDC, la decisione di dare la precedenza al diritto internazionale rispetto alla leggi elvetiche - in questo caso frutto dell'iniziativa democentrista per l'espulsione dei criminali stranieri approvata dal popolo - equivale a un colpo di Stato, a un "putsch". Si tratta ora di mettere un freno ad un'evoluzione giudicata pericolosa che fa della Svizzera "una marionetta in mano a Bruxelles", ha dichiarato in aula Thomas Aeschi (ZH).
Roger Köppel (UDC/ZH), editore del settimanale Weltwoche, ha parlato di un freddo processo di esautorazione del popolo sostenuto da "una élite ubriaca di potere" che non vuole difendere i diritti popolari poiché antidemocratica. Insomma, c'è corruzione in Svizzera, ha detto Köppel facendo il verso a una celebre frase dell'Amleto di Shakespeare.
Padroni in casa nostra
Per Roberta Pantani della Lega dei ticinesi, "noi non ci stiamo a dare la precedenza al diritto internazionale rispetto al nostro diritto". Non si capisce perché un giudice straniero dovrebbe decidere sulla nostra "libertà".
"In Svizzera vige la democrazia diretta, un sistema che tutti ci invidiano", ha sottolineato la deputata ticinese, aggiungendo che già nel Patto federale del 1291 sta scritto nero su bianco che non si volevano giudici stranieri. Insomma, "vogliamo essere padroni in casa nostra, Switzerland first".
Pantani ha poi giudicato "una bufala" il timore sventolato dagli avversari dell'iniziativa che se il testo dovesse venir accolto, ciò porterebbe inevitabilmente alla disdetta della Convenzione europea dei diritti umani. Tali diritti, ha spiegato la ticinese, sono già iscritti nella nostra costituzione e, per certi aspetti, sono ancora più progressisti.
Un attacco frontale ai diritti umani
Sull'altro fronte, la consigliera nazionale Marina Carobbio Guscetti (PS/TI) ha proprio incentrato il suo intervento su ciò che ella considera né più né meno che "un attacco frontale ai diritti umani", vero obiettivo a suo dire dell'iniziativa democentrista. Per la deputata socialista, la Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU), tra cui siedono anche giudici svizzeri, non è un organismo politico e non ha il compito di limitare la democrazia. Dal 1974, ossia da quando la Confederazione ha siglato la convenzione sui diritti umani, la Corte ha accolto l'1,5% dei ricorsi contro la Svizzera.
Rivolgendosi ai rappresentanti dell'UDC, Cédric Wermuth (PS/AG) ha rimproverato loro di essere una minaccia per il popolo. La Corte europea dei diritti umani esiste per proteggere il singolo, così come prevede il nostro Stato liberale, dall'arbitrarietà della maggioranza. Col voler mettere il popolo al di sopra di tutto e tutti come accaduto in alcuni frangenti del XX secolo, ha spiegato il consigliere nazionale argoviese, si finisce col costruire uno Stato totalitario.
Per Stefan Müller-Altermatt (PPD/SO), democrazia e stato di diritto sono inscindibili. "Non sempre il popolo - ha sottolineato - prende le decisioni giuste". La CEDU serve proprio a proteggere i singoli individui dal potere dello Stato e serve a difendere le minoranze dallo strapotere della maggioranza. Insomma, la CEDU non elimina la democrazia, ma la rafforza.
Preservare piazza economica
Il ticinese Giovanni Merlini (PLR), ha messo in rilievo quanto sia importante per l'attrattiva economica della Svizzera la stabilità delle sue relazioni internazionali, stabilità che verrebbe messa a repentaglio qualora l'iniziativa venisse accolta. Per poter prosperare, la Svizzera deve essere considerata affidabile, e quindi rispettosa degli accordi internazionali (di cui parecchi approvati dal popolo, come la libera circolazione delle persone), la maggioranza dei quali a carattere economico. "Nessuno vorrebbe siglare con noi un'intesa, sapendo che potrebbe venir disdetta da un tribunale qualora il diritto elvetico dovesse avere la precedenza", ha sottolineato Merlini.
La neutralità elvetica, ha poi ricordato l'esponente locarnese del PLR, si è consolidata nel corso dei secoli grazie al diritto internazionale, proprio quel diritto che ora viene messo in discussione.
La Svizzera non è un'isola
Per Claude Béglé (PPD/VD), l'iniziativa dà una risposta sbagliata a un problema reale. La Svizzera, Paese fortemente globalizzato, non può tagliare i ponti con l'estero. È chiaro che ogni accordo internazionale limita la sovranità, ma ciò fa parte dell'evoluzione storica. Ripiegarsi su se stessi come chiede l'iniziativa è una soluzione "obsoleta", ha sostenuto.
"Vogliamo una Svizzera aperta", ha dichiarato Jürg Grossen (Verdi liberali/BE), mentre Bernhard Guhl (PBD/AG) ha ricordato che "non siamo un'isola".