(ats) Le competenze linguistiche di Martina Hirayama nominata alla testa della Segreteria di Stato per la formazione, la ricerca e l'innovazione al posto di Mauro Dell'Ambrogio che andrà in pensione, rispettano le esigenze per i quadri superiori in quest'ambito.

Lo dice il Consiglio federale il quale, rispondendo oggi a una domanda del consigliere nazionale Fabio Regazzi (PPD/TI), specifica che Hirayama, oltre al tedesco quale madrelingua, "padroneggia il francese a livello scritto e orale" (ha studiato a Friburgo, università bilingue n.d.r) e dispone di conoscenze passive dell'italiano.

Seconde l'articolo 8 dell'ordinanza sulle lingue, scrive il governo al deputato ticinese, i quadri superiori e i quadri di livello medio con funzioni dirigenziali possiedono buone conoscenze attive in almeno una seconda lingua ufficiale e conoscenze passive in una terza lingua ufficiale.

Queste esigenze sembrano quindi essere rispettate nel caso della nuova Segreteria di Stato. L'esecutivo precisa tuttavia nella sua risposta che "Martina Hirayama intende inoltre sfruttare il periodo prima di entrare in carica - a inizio gennaio - per rinfrescare le sue conoscenze attive del francese".

La risposta del Consiglio federale contraddice quanto indica Regazzi nel suo quesito, secondo cui la stessa Hirayama "ha ammesso di non padroneggiare una seconda lingua nazionale".

A fine agosto, in un'intervista alla radio romanda, Christophe Darbellay, a capo del dipartimento istruzione del canton Vallese ed ex presidente nazionale PPD, si era detto scioccato del fatto che il Consiglio federale avesse nominato al posto di segretario di Stato una persona che non padroneggiasse il francese.

Al momento della sua presentazione ai media, la ricercatrice aveva promesso che avrebbe seguito dei corsi affinché in futuro potesse esprimersi nell'idioma di Molière. Non mettendo il dubbio il curriculum "impressionante" della donna, per Darbellay la sua nomina era "un segno di disprezzo nei confronti della cultura francese e della Svizzera (...) dove il 20-25% della popolazione è francofona".

Insomma, dai toni della polemica e dalla risposta del Governo, sembra che i corsi di lingua offerti dalla Confederazione ai propri dipendenti abbiano - o stiano - funzionando.