(ats) I cantoni, in particolare quelli di montagna, possono tirare un sospiro di sollievo: il Consiglio degli Stati ha deciso oggi - con 37 voti favorevoli e 5 astenuti - di mantenere invariata a 110 franchi per chilowatt lordo (fr./kWl) l'aliquota massima dei canoni d'acqua annui fino al 2024.

In un primo tempo, il Governo proponeva di ridurla a 80 fr./kWl dal 2020. Il Nazionale deve ancora pronunciarsi.

Il progetto di revisione transitoria della legge sull'utilizzazione delle forze idriche aveva suscitato numerose critiche durante la consultazione. I Cantoni, tra cui il Ticino e i Grigioni, e i Comuni avrebbero incassato 150 milioni di franchi l'anno in meno. Per questo le autorità cantonali si erano espresse a favore del mantenimento dell'attuale aliquota. Attualmente, dei 556,6 milioni che fruttano all'anno i canoni d'acqua, il Ticino ne incassa 55,1, i Grigioni 124, il Vallese 164, Uri 26, Berna 45 e Argovia 49.

Come detto, nelle intenzioni originali della consigliera federale Doris Leuthard, dal 2020 il canone massimo annuo sarebbe passato dagli attuali 110 a 80 fr./kWl. Di fronte a queste critiche il Governo aveva allora abbandonato il progetto iniziale. Nel suo messaggio, trasmesso al Parlamento e accolto oggi dagli Stati, si limita a cambiamenti minimi.

Minoranza per 90 fr./kWl

Oggi una minoranza eteroclita ha tentato invano di ridurre da 110 a 90 fr./kWl l'aliquota massima dei canoni d'acqua, ma il suo tentativo è fallito con 30 voti a 13. Secondo Damian Müller (PLR/LU), la solidarietà spesso evocata con i cantoni di montagna non ha più luogo d'esistere con l'introduzione della nuova perequazione finanziaria. A suo avviso, i gestori di centrali idroelettriche, alcuni dei quali sono al momento in difficoltà a causa del basso prezzo della corrente, hanno bisogno di prezzi più vicini a quelli di mercato.

Secondo il progetto originale, a partire dal 2023 il regime transitorio sarebbe stato sostituito da un modello flessibile, con un'aliquota massima del canone annuo composta da una parte fissa e da una parte variabile, dipendente dal prezzo di mercato. La flessibilizzazione non deve attendere cinque anni, ha spiegato invano Werner Lüginbühl (PBD/LU), anch'egli favorevole a una riduzione a 90 franchi.

Ma i rappresentanti dei cantoni alpini, come Beat Rieder (PPD/VS), hanno fatto valere con successo che "l'aliquota massima dei canoni d'acqua non è una sovvenzione alle regioni di montagna, bensì il prezzo per l'utilizzazione di una risorsa sempre più preziosa".

Parte fissa e variabile

In previsione dei futuri negoziati, i "senatori" hanno invece precisato nel progetto - con 22 voti contro 20 - che il Consiglio federale dovrà elaborare dal 2025 una regolamentazione che preveda una parte fissa e una parte variabile.

In consultazione taluni gestori avevano proposto un'immediata introduzione di una normativa flessibile. "Sarebbe più saggio mantenere tutte le porte aperte vista l'evoluzione imprevedibile del mercato elettrico", ha sottolineato invano Werner Hösli (UDC/GL).

In attesa di una nuova consultazione prevista per questo autunno, i "senatori" hanno inoltre previsto che l'aliquota massima di 110 franchi sarà prolungata qualora il nuovo modello vicino alla realtà del mercato non entrasse in vigore entro il primo gennaio 2015.

Robert Cramer si è opposto invano a questa aggiunta affermando che "si tratta di un incitamento estremamente potente nei confronti dei cantoni alpini, che combattono ogni proposta di modifica". Alla fine il plenum non l'ha seguito con 20 voti contro 15 e 5 astenuti.

Resto del progetto immutato

Il resto del progetto non è stato modificato dagli Stati. L'esecutivo prevede di esonerare dal canone annuo per i primi dieci anni le nuove centrali idroelettriche che beneficiano di un contributo d'investimento.

Un alleggerimento è pure accordato agli impianti che hanno effettuato grossi lavori di ampliamento. Dal canto suo il Consiglio federale potrà concludere accordi internazionali legati all'utilizzazione delle forze idriche situate nelle vicinanze della frontiera.