(ats) L'annuncio del Consiglio federale di voler ammorbidire la prassi concernente le esportazioni di armi autorizzando, a determinate condizioni, la vendita di materiale bellico a Paesi coinvolti in un conflitto armato interno, ha suscitato le proteste dei principali partiti politici elvetici.

La decisione del governo potrebbe interessare sistemi di condotta di tiro, cannoni per battelli, elementi di assemblaggio per aerei da combattimento o sistemi di difesa anti-aerea. Si tratta di sistemi destinati principalmente alla difesa nazionale. La Thailandia, il Pakistan, taluni Paesi asiatici o del Sudamerica potrebbero ottenere una deroga in tal senso.

Tuttavia le esportazioni di materiale bellico verso lo Yemen o la Siria sono escluse, ha spiegato oggi il Consiglio federale in risposta a diverse interpellanze urgenti, che saranno discusse mercoledì al Nazionale. Tale legislazione speciale prevale sulla legge sul materiale bellico, ha precisato il governo ai gruppi PLR e Verdi liberali.

Deroga

L'adeguamento previsto mira a completare con una deroga il criterio di esclusione relativo ai Paesi coinvolti in un conflitto armato interno. Consentirà di effettuare una distinzione in funzione dei tipi d'armi e dei destinatari finali, ha indicato il Consiglio federale in risposta al gruppo UDC.

La deroga sarebbe accordata soltanto se l'export di armi è coerente con tutti gli altri criteri di autorizzazione. Il regime svizzero rimane più severo rispetto alla posizione comune dell'UE o al Trattato internazionale sul commercio delle armi, ha aggiunto l'esecutivo.

Verso Paesi terzi

La Segreteria di Stato dell'economia (SECO) e il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE), valuteranno caso per caso il rischio che materiale svizzero venga utilizzato in un conflitto armato. Si adopereranno pure affinché il diritto internazionale sia rispettato.

La domanda di esportazione è automaticamente respinta se sussiste il rischio che il materiale esportato venga rivenduto a un destinatario non desiderato, si è giustificato il Consiglio federale. Nel corso degli ultimi 20 anni, si è verificato soltanto qualche caso isolato in cui i Paesi di destinazione non hanno rispettato la dichiarazione di non riesportazione. In tali circostanze sono previste sanzioni, ha risposto l'esecutivo al PLR.

Le autorizzazioni possono pure essere respinte se il Paese di destinazione viola sistematicamente e gravemente i diritti dell'uomo. Con l'adeguamento previsto dell'ordinanza sul materiale bellico non cambierà nulla in tal senso. I criteri di autorizzazione non sono interessati da questa modifica, ha spiegato il Consiglio federale al gruppo dei Verdi liberali.

Al Ppd lo stesso governo ha precisato che la modifica non ha alcuna incidenza sulla prassi restrittiva applicata in materia di autorizzazione nei confronti di Paesi quali l'Arabia saudita o gli Emirati arabi uniti.

Sicurezza della popolazione

Il governo ha inoltre ricordato che le disposizioni dell'ordinanza sono state rese più severe nel corso degli ultimi dieci anni. Tuttavia esse devono essere adattate puntualmente al fine di non compromettere gli obiettivi della politica di sicurezza.

Stando al Consiglio federale, la Svizzera deve mantenere una capacità industriale adeguata alle necessità della sua difesa, nel rispetto degli obblighi internazionali e dei principi della sua politica estera. Berna ha bisogno di conoscenze e di competenze autonome al fine di non dipendere totalmente dall'estero, in particolare in caso di crisi politico-militare grave, si è difeso il governo.

In caso di crisi, gli altri Paesi risponderanno a seconda delle proprie necessità, prima di fornire materiale alla Svizzera. Quest'ultima deve essere capace di assicurare la sicurezza della sua popolazione, ha replicato il Consiglio federale a UDC, PS, Verdi liberali e PBD.