In risposta a cinque interpellanze urgenti di UDC, PLR, PBD, Verdi e Verdi liberali, il governo ha già riaffermato la sua posizione: un accordo istituzionale offrirebbe una maggiore certezza giuridica, garantirebbe l'accesso al mercato europeo e spianerebbe inoltre la strada alla conclusione di nuove intese. Con l'accordo quadro istituzionale il Consiglio federale intende consolidare la via bilaterale.
I negoziati vertono sui meccanismi istituzionali: un tribunale arbitrale paritetico dovrebbe decidere in maniera autonoma sulle controversie tra Bruxelles e Berna. La Svizzera disporrà di termini sufficienti (fino a tre anni) per riprendere ogni sviluppo del diritto europeo, con possibilità di lanciare un referendum. Una ripresa automatica è invece esclusa.
Il pomo della discordia tra Bruxelles e Berna riguarda in particolare le misure di accompagnamento alla libera circolazione delle persone in vigore in Svizzera a protezione dei lavoratori.
L'ue è insorta contro la cosiddetta "regola degli otto giorni", che obbliga le imprese europee ad annunciare alle autorità elvetiche con tale preavviso l'invio di manodopera e a versare una cauzione. Bruxelles vorrebbe concessioni da parte della Confederazione su questo punto, mentre i sindacati hanno più volte affermato di non voler allentare il livello di protezione della forza lavoro.
Secondo il governo, l'UE non rimette in discussione le misure in quanto tali, ma chiede piuttosto un'applicazione proporzionata. L'esecutivo si è limitato a precisare che definirà a tempo debito le prossime tappe. Una prima decisione potrebbe arrivare venerdì.