La maggioranza, pur nutrendo comprensione per i motivi che nel 1932 spinsero a dimostrare contro un'organizzazione antidemocratica e antisemita, è contraria all'annullamento delle sentenze che furono pronunciate nel rispetto delle regole dello Stato di diritto dell'epoca.
Inoltre, i sette imputati furono condannati (da 2 a 6 mesi di reclusione) per essersi opposti all'autorità dello Stato e non per aver partecipato a una manifestazione. Procedere a una riabilitazione equivarrebbe a un'ingerenza nel potere giudiziario.
Di diverso parere una minoranza rosso-verde, secondo cui in passato il Parlamento ha già proceduto a riabilitazioni: è il caso di quelle 137 persone che negli anni '40 furono condannate come "passatori" per aver aiutato centinaia di persone a rifugiarsi in Svizzera durante la Seconda Guerra Mondiale, nonché dei volontari della guerra civile spagnola riabilitati nel 2009.
Per Lisa Mazzone (Verdi/GE), i fatti di Ginevra, per quanto possano sembrare lontani nel tempo, vengono commemorati ogni anno nella città di Calvino, in cui per la prima volta l'esercito sparò sulla folla.
"Non si tratta di giudicare coloro che all'epoca pronunciarono le sentenze di condanna, bensì di una riabilitazione politica", ha spiegato l'esponente ecologista. Dopotutto, ha ricordato, uno dei condannati, Léon Nicole, fu eletto al Consiglio di stato di Ginevra poco dopo i fatti, una forma di riabilitazione politica da parte del popolo. Una riabilitazione contribuirebbe inoltre a riconciliare il Cantone con la sua storia.
La consigliera nazionale ha inoltre fatto notare che il Gran consiglio di Ginevra si è espresso a favore di una riabilitazione a grande maggioranza, indipendentemente dall'appartenenza politica.
I fatti dell'epoca
Come è possibile leggere nel Dizionario storico della Svizzera, gli avvenimenti accaduti a Ginevra il 9 novembre 1932, tutt'ora controversi quanto a svolgimento dei fatti e attribuzione delle responsabilità, si iscrivono nel contesto dell'ascesa dei totalitarismi in Europa, della crisi economica e della disoccupazione.
All'epoca il clima politico era particolarmente teso a Ginevra, dove una serie di scandali (affare della Banca di Ginevra) aveva duramente colpito i partiti della destra tradizionale. Tafferugli di strada videro i militanti del partito socialista di Léon Nicole opporsi agli esponenti dell'Unione nazionale filofascista di Georges Oltramare.
Un manifesto provocatorio che annunciava "la pubblica accusa contro i signori Nicole e Dicker" affisso dall'Unione nazionale spinse i socialisti a organizzare una contromanifestazione. Temendo per l'ordine pubblico, il Consiglio di Stato chiese l'intervento dell'esercito.
La sera del 9 novembre, una tattica militare poco idonea a contenere una folla antimilitarista eccitata dalla violenza verbale di Nicole, una serie di ordini maldestri e l'impiego di ufficiali e reclute prive di esperienza provocarono il dramma: sentendosi minacciata, la truppa aprì il fuoco, causando 13 morti e 65 feriti.
Un processo davanti alla Corte d'assise federale (maggio 1933) si concluse con la condanna alla detenzione per Léon Nicole, e altre sei persone.
La sparatoria provocò intense emozioni ed ebbe importanti ripercussioni elettorali: nel novembre 1933 i socialisti ottennero infatti la maggioranza nel Consiglio di Stato di Ginevra e nel municipio di Losanna. In seguito all'accaduto si aprì inoltre il dibattito sul ruolo dell'esercito nel mantenimento dell'ordine pubblico.