Attualmente, l'esportazione e l'intermediazione di simili beni è soggetta a un'ordinanza della durata di quattro anni. Non viene concessa alcuna autorizzazione se vi è motivo di ritenere che il destinatario finale utilizzerà simili dispositivi - per esempio software spia - come mezzo di repressione.
"L'ordinanza emessa nel 2015 ha dimostrato la sua validità. Non si tratta né più né meno che di preservare lo status quo", ha spiegato in aula il consigliere federale Guy Parmelin. "Per disporre di una base legale è meglio far confluire l'ordinanza nel diritto ordinario, vale a dire la legge sul controllo dei beni a duplice impiego", ha aggiunto il ministro dell'economia.
La destra avrebbe voluto invece aspettare l'autunno del 2021 per affrontare il problema. "Vogliamo che vengano condotti nuovi esperimenti per valutare meglio gli sviluppi tecnologici e i loro effetti sulle aziende e sui prodotti", ha affermato Raymond Clottu (UDC/NE). "Si tratta di non ostacolare l'esportazione di prodotti innovativi", ha insistito invano.
Dopo aver inizialmente deciso di non entrare in materia sul progetto del Consiglio federale, la Commissione aveva autorizzato l'esecutivo a prorogare l'ordinanza fino al maggio 2023. Essa sosteneva di avere tempo a sufficienza per far maturare il dossier fino al 2021. Ma Ida Glanzmann-Hunzeler (PPD/LU) ha replicato che "la tecnologia evolverà anche dopo il 2021: inutile quindi attendere per legiferare".