(ats) Un gesto di distensione per riportare un po' di sereno nelle relazione tra Berna e Bruxelles. Così ha giustificato il Consiglio nazionale il "sì" odierno al secondo miliardo di coesione destinato all'Ue. Ma attenzione: il versamento diverrà effettivo solo quando l'Ue ritirerà le misure discriminatorie nei suoi confronti, come la mancata proroga dell'equivalenza borsistica in vigore da luglio. E, soprattutto, se non ne adotterà di nuove. Il dossier è ormai pronto per le votazioni finali.

Il mancato riconoscimento dell'equivalenza borsistica è stata la risposta dell'Ue alle tergiversazioni del Consiglio federale a causa della mancata firma dell'accordo istituzionale negoziato tra Berna e Bruxelles. Governo e Parlamento vogliono ulteriori chiarimenti in merito alla protezione dei salari, agli aiuti di Stato e alla direttiva sulla cittadinanza, che taluni vedono come fumo negli occhi.

Tutto sommato, la mancata proroga dell'equivalenza borsistica, giudicata una discriminazione da parte del mondo politico elvetico, non ha danneggiato più di quel tanto il mercato elvetico dei titoli, anche perché il Consiglio federale aveva già predisposto contromisure: il divieto di negoziazione dei titoli svizzeri sulle piazze estere.

La discussione odierna aveva come obiettivo principale l'eliminazione di alcune divergenze col Consiglio degli Stati: concretamente, la Camera del popolo ha rinunciato a raddoppiare il credito quadro per provvedimenti nell'ambito della migrazione a scapito di progetti relativi all'attenuazione delle disparità economiche e sociali.

Il contributo di coesione, diluito su dieci anni, prevede 1,047 miliardi destinati alla riduzione delle disparità economiche e sociali nell'Europa allargata e 190 milioni per il finanziamento delle misure migratorie di quegli Stati, coma la Grecia e l'Italia, alle prese con questo fenomeno. Il Nazionale voleva raddoppiare a 380 milioni quest'ultima somma, riducendo nel contempo il finanziamento ai Paesi dell'Est. Il Consiglio degli Stati si era però opposto.

Il plenum ha in seguito respinto una proposta di minoranza della sinistra che voleva legare il miliardo di coesione al programma Erasmus+ e esortava l'esecutivo ad avviare negoziati in vista di un associazione al programma di ricerca "Horizon Europe" e per il rinnovo della partecipazione elvetica al programma "Europe Créative" per l'incoraggiamento ai settori audiovisivo e culturale.

Secondo la maggioranza, la volontà del Parlamento di associare la Svizzera ai programmi dell'Unione in materia di educazione, formazione, ricerca e cultura è già stata comunicata al Consiglio federale. "No" quindi a vincolare il contributo elvetico ad altri dossier tematicamente disgiunti.

Una riflessione fatta propria in aula anche dal consigliere federale Ignazio Cassis, il quale ha sottolineato che la Svizzera è tutt'ora associata ad Erasmus e, per quanto riguarda gli altri programmi, l'Ue non ha ancora definito il quadro finanziario e le condizioni di associazioni. Insomma, sarebbe prematuro negoziare su qualcosa di ancora indefinito, ha sostenuto il ministro degli affari esteri. Solo quando se ne saprà di più, ha aggiunto, il Consiglio federale farà le sue considerazioni e, nel caso, presenterà un mandato negoziale alle commissioni competenti.

Oltre allo stesso Cassis, gli altri gruppi parlamentari - eccetto il campo rosso-verde - ha difeso lo stralcio di un simile legame non volendo inserire un ulteriore ostacolo nella legge in discussione accanto al problema della mancata equivalenza della Borsa. La sinistra in particolare ha criticato il nesso tra quest'ultimo aspetto e il miliardo di coesione, giudicando questa condizione una mera dimostrazione di forza da parte della destra.

In merito al miliardo di coesione in sé, per tutti i gruppi parlamentari, tranne i democentristi, è in ogni caso importante lanciare un segnale di distensione verso Bruxelles, segnalando che la Svizzera intende mantenere e approfondire le proprie relazioni con l'Europa. Si tratta di un contributo di solidarietà per un continente più coeso e sicuro, hanno sostenuto in aula diversi parlamentari.

A nome dell'UDC, Roger Köppel (ZH) ha denunciato invece le pressioni sulla Svizzera esercitate dall'Ue, la volontà di quest'ultima di legarci a sé, nonché le minacce, come quella formulata da un diplomatico comunitario secondo cui la Svizzera sarebbe finita sul "menù" dell'Ue se non ci fossero stati progressi sull'accordo istituzionale. Insomma, per l'editore della Weltwoche dire di "no" è una questione di "dignità nazionale".

A suo dire, con i suoi mercati aperti e la sua economia concorrenziale la Svizzera fa già molto per il benessere del Continente. "A che pro quindi versare un miliardo di franchi senza contropartita?", si è chiesto il democentrista zurighese.