È la seconda volta che la Camera dei Cantoni deve esaminare questo oggetto: la prima volta non era entrata nemmeno nel merito del progetto.
Questa volta, dopo che il Nazionale si è pronunciato per una controproposta, ha dovuto riprendere da capo l'esercizio; i "senatori" sono entrati in materia tacitamente, anche perché il problema ha assunto nel frattempo valenza internazionale: diversi Paesi confinanti, come la Francia, ma anche a livello di Unione Europea e ONU, hanno adottato leggi in materia sulla responsabilità delle multinazionali all'estero.
Tutti d'accordo insomma oggi che bisogna dare risposte, non solo all'iniziativa popolare sostenuta da numerose ONG, ma anche all'opinione pubblica, molto più sensibile circa il comportamento di certe aziende all'estero che in un passato nemmeno lontano hanno fatto parlare di sé - perlopiù in senso negativo - per i problemi ambientali provocati o la violazione dei diritti umani (come il lavoro infantile nelle piantagioni di caffè in Costa d'Avorio).
Nel mirino, in particolare, sono le multinazionali come Glencore attive nel settore minerario, o aziende come Nestlé, leader mondiali nell'industria alimentare.
Tutti d'accordo insomma sul principio, ma in disaccordo sulla portata della legge. Mentre la sinistra chiede prescrizioni più stringenti, la destra (PLR, UDC e PPD) intende limitare il concetto di "responsabilità" per le aziende controllate all'estero e il numero di società potenzialmente interessate dalla normativa.
L'iniziativa mira a obbligare le imprese con sede in Svizzera a verificare regolarmente le conseguenze delle rispettive attività sui diritti umani e sull'ambiente, sia in Svizzera che, soprattutto, all'estero. Le società che non dovessero ottemperare a quest'obbligo andrebbero ritenute responsabili dei danni causati, anche da parte di società che controllano senza partecipare direttamente alle attività incriminate.