Il voto affermativo della Camera del popolo, atteso verso mezzogiorno, dovrebbe essere una mera formalità. Domani si terrà il voto definitivo sul dossier, sul quale grava già la minaccia del referendum.
La sinistra ha già annunciato che intende ricorrere alle urne giacché considera la spesa eccessiva, un "lusso" per le esigenze della Confederazione.
Gli Stati hanno quindi preferito rinunciare alla quota dell'80% (all'inizio addirittura del 100%), per non veder naufragare l'intero dossier. A nome della commissione, Thomas Minder (indipendente/SH) ha messo in guardia i colleghi da un rifiuto, eventualità che avrebbe impedito al popolo di esprimersi nel 2020 sull'acquisto dei nuovi jet, un principio già accolto dai due rami del Parlamento.
L'acquisto dei velivoli è incluso in un decreto, attaccabile mediante referendum facoltativo, voluto dal Governo affinché il popolo possa eventualmente pronunciarsi su questa operazione. Spetterà in un secondo tempo all'esecutivo decidere quale tipo di jet procurarsi.
Nel suo discorso Minder ha insistito sulla necessità che il popolo possa dire la sua, dopo che quest'ultimo ha già respinto nel 2014 l'acquisto dei Gripen svedesi. Spetta agli elettori correggere questa decisione, ha spiegato il "senatore" sciaffusano.
In caso di "no" del plenum, ha aggiunto, vi è il rischio che l'acquisto dei caccia finisca nel budget ordinario del Dipartimento della difesa, escludendo così il popolo. "A livello federale non esiste infatti il referendum finanziario", ha spiegato Minder, dicendosi poi dispiaciuto che ciò non sia il caso.
Una discorso che ha fatto presa sul plenum, che ha seguito docilmente la raccomandazione della conferenza di conciliazione sostenuta dalla ministra delle difesa Viola Amherd, battutasi fin dall'inizio dei dibattiti per una quota del 60%.