(ats) La Svizzera, popolo permettendo, dovrebbe acquistare nei prossimi anni nuovi caccia da combattimento. Dopo essersi messe d'accordo sul principio, oggi le Camere federali hanno eliminato l'ultima divergenza che le separava, decidendo di stabilire al 60% del valore della commessa (6 miliardi di franchi) gli affari di compensazione (offset).

L'ok finale è giunto oggi, prima agli Stati stamattina e poi al Nazionale poco dopo mezzogiorno; le due Camere hanno approvato la proposta elaborata dalla Conferenza di conciliazione, identica a quella difesa dal Nazionale e dalla consigliera federale Viola Amherd, contrari a una percentuale dell'80% come perorato dagli Stati. I "senatori", nel timore di veder naufragare l'intero dossier, hanno quindi ceduto su questo punto.

Le imprese estere dovranno quindi compensare il 60% del valore contrattuale mediante l'assegnazione di mandati in Svizzera (affari offset), di cui il 20% con affari offset diretti e il 40% indiretti nel settore della base tecnologica e industriale rilevante in materia di sicurezza in rami che vanno dall'industria delle macchine, a quella ottica e orologiera, per passare dalla chimica (questa lista è stata voluta dagli Stati ed è simile alla prassi seguita finora dal Consiglio federale, n.d.r).

Inoltre, tutte le principali regioni del Paese dovranno beneficiare, nella misura del possibile, di questa "manna" secondo una chiave di ripartizione fissa: il 65% per la Svizzera tedesca, il 30% per quella francese e il 5% per la Svizzera italiana.

UDC e PLR sconfitti

Nei due rami del Parlamento è stata soprattutto la sinistra, con l'appoggio del gruppo del centro (PPD-PBD-PEV) e dei Verdi liberali sostenuta dalla ministra della difesa, a difendere la percentuale più bassa. Una compensazione superiore al 60% farebbe rincarare eccessivamente l'intero dossier dal costo globale di 15 miliardi di franchi: 6 per i caccia, 2 per il sistema di difesa antiaerea e 7 per l'esercito (questi due ultimi investimenti verranno compensati al 100%, n.d.r); tale somma verrà spesa tra il 2023 e il 2032.

Per la maggioranza, la posizione difesa da PLR e UDC equivarrebbe a un sovvenzionamento ad innaffiatoio per l'industria e una fattura finale molto più salata.

Per diversi "senatori", invece, si trattava di venire incontro soprattutto ai Cantoni romandi, secondo i quali il 60% non garantirebbe un numero di commesse sufficiente alle rispettive industrie. I costi supplementari verrebbero compensati da maggiori posti di lavoro ed entrate fiscali.

Per i sostenitori della versione "massimalista", inoltre, vi sarebbero anche ragioni tattiche per un incremento degli affari di compensazione: favorendo regioni come la Romandia e il Ticino sarebbe possibile convincere il popolo della bontà di questo dossier quando sarà chiamato a votare - la sinistra ha già annunciato il referendum - sul principio di acquistare i nuovi caccia da guerra.

Non pregiudicare voto popolare

Oggi agli Stati, a nome della commissione, Thomas Minder (indipendente/SH) ha messo in guardia i colleghi da un rifiuto del 60%, eventualità che avrebbe impedito al popolo di esprimersi nel 2020 sull'acquisto dei nuovi jet, un principio già accolto dai due rami del Parlamento.

Minder ha insistito sulla necessità che il popolo possa dire la sua, dopo che quest'ultimo ha già respinto nel 2014 l'acquisto dei Gripen svedesi. Spetta agli elettori correggere questa decisione, ha spiegato il "senatore" sciaffusano. In caso di "no" del plenum, ha aggiunto, vi è il rischio che l'acquisto dei caccia finisca nel budget ordinario del Dipartimento della difesa, escludendo così il popolo. "A livello federale non esiste infatti il referendum finanziario", ha spiegato Minder. Un discorso analogo è stato tenuto al Nazionale a nome della commissione da Thomas Hurter (UDC/SH).

Ok su principio, ma non PS e Verdi

Come anticipato, il referendum è praticamente sicuro. Come era prevedibile, infatti, anche il Consiglio nazionale nel corso di questa sessione, al pari degli Stati in settembre, ha approvato (124 voti a 68) il credito di 6 miliardi al massimo per l'acquisto di nuovi caccia.

Sul tipo di velivolo deciderà in seconda battuta il Consiglio federale. Una valutazione sugli aviogetti dovrebbe essere disponibile nella seconda metà del 2020. Un eventuale referendum è previsto per il 27 settembre dell'anno prossimo.

Al più tardi all'inizio del 2021, il Consiglio federale deciderà quale aereo acquistare. A partire dal 2025, i primi modelli dovrebbero sfrecciare nei cieli svizzeri ed entro il 2030 la flotta dovrebbe essere al completo. Gli F/A-18 e i Tiger verrebbero mandati in "pensione" gradualmente.

Nel corso del dibattito alla Camera del popolo, gli ecologisti e il PS non sono riusciti a far cambiare idea al plenum. L'acquisto di nuovi jet da combattimento è stato giudicato inutile, un "lusso" per la Svizzera, tenuto conto della somma prevista.

La maggioranza "borghese", compresi i Verdi-liberali, ha giudicato invece indispensabile l'acquisto di nuovi jet al posto dei vetusti Tiger e degli F/A-18, quest'ultimi ormai entrati in una parabola discendente. Per la maggioranza, la Svizzera neutrale e indipendente ha bisogno di un'aviazione militare credibile e efficace per la protezione del proprio spazio aereo e, in ultima analisi, per garantire la sicurezza della popolazione e delle sue infrastrutture.

I velivoli candidati

Gli aerei candidati per sostituire i Tiger e gli F/A-18 sono quattro: l'Eurofighter della Airbus (Germania), l'F/A-18 Super Hornet della Boeing (Stati Uniti), il Rafale della Dassault (Francia) e l'F-35A della Lockheed Martin (Stati Uniti). Il Gripen E di Saab (Svezia) è invece rimasto fuori dalla corsa.

Poiché la decisione sul modello non è ancora stata presa, il prezzo esatto per aereo e quindi anche le dimensioni della flotta non sono chiare. Secondo le stime di un gruppo di esperti, il prezzo medio per caccia, compresi armamento, logistica, sistemi, aggiornamenti e altri costi, è di circa 200 milioni di franchi.

Con 6 miliardi di franchi dovrebbe quindi essere possibile acquistare 30 nuovi jet. Tenendo conto delle esigenze in fatto di manutenzione e formazione, ciò dovrebbe soddisfare lo scenario di riferimento: il Consiglio federale esige infatti che almeno quattro aerei siano sempre in volo per un periodo di quattro settimane.

L'acquisto di nuovi missili antiaerei è escluso dalla decisione di pianificazione. I due dossier avanzano in parallelo e hanno punti di contatto a livello militare e finanziario. Tuttavia, contrariamente ai piani originari dell'esecutivo, il nuovo sistema di difesa terra-aria (Bodluv) non sarà sottoposto a referendum.