(ats) È stato rinviato il dibattito sul contenuto del Patto globale Onu sulla migrazione. Seguendo la proposta della propria commissione preparatoria, il Consiglio degli Stati ha infatti deciso di sospendere la deliberazione, così da permettere di terminare i lavori riguardo alla cosiddetta soft law.

Originariamente, nel 2018, il governo voleva adottare il patto da solo, senza ottenere l'okay del Parlamento, ma fu costretto a fare marcia indietro in seguito alle proteste sollevatesi. L'esecutivo all'epoca, a causa delle critiche ricevute, rinunciò al viaggio a Marrakech per la firma del documento e la Svizzera pertanto non venne rappresentata alla cerimonia.

In quanto strumento di soft law, il Patto globale delle Nazioni Unite sulla migrazione non è giuridicamente vincolante. Si tratta di un codice di condotta con cui la comunità internazionale esprime la volontà di trattare la migrazione transfrontaliera secondo principi comuni. Le violazioni non possono essere sanzionate.

Nonostante ciò, il Parlamento vuole vederci chiaro sul tema delle soft law. Ha quindi formato una sottocommissione, composta da membri delle due Commissioni della politica estera, che sta esaminando come i diritti di partecipazione parlamentare in questo settore potrebbero essere rafforzati in modo che non sorga un deficit democratico.

A nome della Commissione della politica estera degli Stati, Marco Chiesa (UDC/TI) ha ricordato oggi che essa raccomanda all'unanimità di sospendere la discussione. Nessuna proposta alternativa è stata avanzata e così i "senatori" hanno optato tacitamente per concedere alla sottocommissione il tempo di completare il proprio operato, prima di lanciarsi nel dibattito. L'intenzione è di bloccare il dossier per oltre un anno. Toccherà ora al Nazionale esprimersi.

Il Patto di migrazione dell'Onu stabilisce per la prima volta provvedimenti per regolare la migrazione attraverso le frontiere. Le misure includono, per esempio, il rafforzamento dell'assistenza locale, l'attuazione dei diritti umani e la sicurezza dei confini. L'accordo non riguarda le persone che hanno lo status di rifugiati secondo la Convenzione di Ginevra.

Secondo il Consiglio federale, accettare l'intesa è nell'interesse della Svizzera. Ciò è stato ribadito anche dal riesame di febbraio, ha detto in aula il ministro degli esteri Ignazio Cassis. Gli obiettivi del patto sono infatti in linea con le priorità della politica migratoria elvetica.

Tra queste vi sono la sicurezza delle frontiere, la riduzione delle cause della migrazione irregolare e dello sfollamento forzato, la lotta alla tratta di esseri umani, l'assistenza e protezione sul posto, il ritorno e la reintegrazione, l'inclusione e la tutela dei diritti umani. Il documento non comporterebbe alcuna necessità di intervento sul piano della politica interna, né l'assunzione di nuovi compiti o impegni finanziari, mette in evidenza l'esecutivo.