(ats) In caso di forte disoccupazione in determinati gruppi professionali o settori di attività, i datori di lavoro dovrebbero essere obbligati in futuro a convocare i disoccupati residenti il cui profilo corrisponde all'impiego e, se non li assumono, a giustificarsi.

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È quanto prevede per sommi capi il modello elaborato dal consigliere agli Stati Philipp Müller (PLR/AG) fatto proprio per 6 voti a 2 e 5 astenuti dalla Commissione delle istituzioni politiche del Consiglio degli Stati (CIP-S) nell'ambito del progetto di attuazione dell'articolo costituzionale 121a volto a limitare l'immigrazione.

Chiunque violi l'obbligo di annuncio dei posti vacanti, oppure di organizzare un colloquio o di giustificarsi potrebbe venir punito con una multa di 40 mila franchi al massimo.

Si tratta di un inasprimento del principio della precedenza nazionale «light» approvata lo scorso settembre dal Consiglio nazionale affrontando quale prima Camera l'applicazione dell'iniziativa popolare dell'UDC «Contro l'immigrazione di massa» accolta dal popolo nel 2014. La versione della Camera del popolo prevedeva unicamente l'obbligo per le aziende di annunciare agli Uffici regionali del lavoro i posti vacanti.

Un modello poco burocratico

Per Müller, espressosi durante una conferenza stampa, questo sistema è assai meno burocratico di quello proposto dal presidente della CIP-S Peter Föhn (UDC/SZ), che vorrebbe la reintroduzione di tetti massimi e contingenti (proposta bocciata dalla commissione e già silurata dal Nazionale, n.d.r.), come anche del modello del Consiglio federale.

Il motivo? «Il mio modello, ha dichiarato Müller, è limitato nel tempo e focalizzato solo su professioni o settori in cui vige una disoccupazione superiore alla media».

Non si tiene conto di fattori quali la congiuntura o l'evoluzione del prodotto interno lordo, tutti elementi che sommati ad altri indicatori volti a determinare un valore soglia per l'immigrazione, «renderebbero la legge di applicazione una giungla burocratica».

Secondo il consigliere agli Stati PLR, la sua proposta dovrebbe essere compatibile con la libera circolazione delle persone. In questo caso, ha aggiunto il «senatore», ci muoviamo al limite delle nostre possibilità.

La versione della legge di Philipp Müller ha avuto la meglio (7 a 6) sulle proposte di minoranza presentate da Pirmin Bischof (PPD/SO). Bischof non prevede per esempio l'obbligo del colloquio tra disoccupato e datore di lavoro, anche se il Consiglio federale «può» introdurre un simile provvedimento. Per l'esponente democristiano, un obbligo di colloquio sarebbe insostenibile per le piccole e medie imprese.

No limite immigrazione unilaterale

Qualora simili misure non dovessero rivelarsi sufficienti, il Consiglio federale potrebbe adottare misure appropriate limitate nel tempo e nello spazio in caso di problemi economici e sociali importanti (per esempio un forte afflusso di frontalieri) che siano il meno possibile in conflitto con l'accordo sulla libera circolazione delle persone.

Se tuttavia il comitato misto Svizzera-Ue dovesse essere contrario ai provvedimenti adottati da Berna, passati 60 giorni, secondo il «senatore» PPD, dovrebbe essere il parlamento ad esprimersi sul seguito della procedura e, se necessario, limitare in maniera unilaterale l'immigrazione. Una simile proposta era già stata bocciata dal Nazionale in settembre.

Pirmin Bischof ha giustificato questa sua proposta con la volontà di essere il più vicino possibile all'articolo costituzionale adottato oltre due anni fa dal popolo. A suo avviso, il parlamento deve assumersi le proprie responsabilità. «L'Ue non deve avere un diritto di veto» su quanto deciso dal popolo, ha aggiunto.

 

Les concepts de la commission du 7 novembre 2016