​Se avesse dato ascolto al deputato cattolico conservatore vallesano Peter von Roten, il Parlamento federale avrebbe potuto concedere il diritto di voto alle donne a livello federale già negli anni Cinquanta. Sarebbe bastato aggiungere «uomo o donna» dopo la parola «Svizzero» nella legge federale sulle votazioni popolari.

La parola «Svizzero» ha un valore neutro, un significato generico che comprende il femminile e il maschile, sosteneva il consigliere nazionale Peter von Roten all’inizio degli anni Cinquanta. Fondandosi su questa regola grammaticale, l’Assemblea federale avrebbe potuto modificare l’articolo 10 della legge federale del 17 giugno 1874 concernente le votazioni popolari su leggi e risoluzioni federali e concedere alle donne il diritto di voto a livello federale.

Il marito di Iris von Roten, autrice del manifesto femminista svizzero «Donne sotto sorveglianza», vuole evitare ad ogni costo di sottoporre al voto popolare la questione del suffragio femminile. Alla Seconda guerra mondiale segue la Guerra fredda, e la diffidenza tra i due blocchi favorisce i valori conservatori. La ripartizione dei ruoli tra i due sessi del XIX secolo ritorna in auge: l’educazione dei figli e la gestione della casa spetta alle donne; i diritti politici e la vita pubblica e professionale agli uomini. Non è il momento giusto per chiedere agli Svizzeri di riconcedere alle loro consorti, madri, sorelle o figlie la cittadinanza a pieno titolo.

Alla fine della Prima guerra mondiale il radicale Emil Göttisheim e il socialista zurighese Hermann Greulich presentano due mozioni per il suffragio femminile. Dopo che il Parlamento le ha trasformate in postulati, temendo che falliscano, il Consiglio federale le mette accuratamente in un cassetto. La stessa sorte tocca alla petizione per la concessione del diritto di voto e di eleggibilità alle donne, firmata nel 1929 da un quarto di milione di donne e uomini.

Il presidente del Partito socialista Hans Oprecht rilancia la questione nel 1944 presentando un postulato inteso a inserire nella Costituzione federale la parità tra i sessi in materia di diritti civici. Il Parlamento federale lo sostiene per non offendere la potente Associazione svizzera per il suffragio femminile (ASSF). Ma il Consiglio federale rimane impassibile.

Nel 1945, Peter von Roten non ha fortuna migliore in Vallese: il suo partito cattolico conservatore, maggioritario in Gran Consiglio, non ne vuole sapere della sua mozione che chiede di concedere i diritti politici alle donne.

Mozione di Peter von Roten del 1945 concernente il diritto di voto alle donne
(Archivio di Stato del Cantone del Vallese, 1001-1, no 276, Protocoles des séances du Grand Conseil, session de novembre 1945, photo de Jean-Philippe Dubuis, 2021)

Tuttavia, questa sconfitta fa muovere i fronti: nel dicembre del 1948 questo conservatore «femminista» viene eletto in Consiglio nazionale. Peter von Roten non perde tempo: deposita un postulato, firmato da 24 deputati di tutti i partiti, che invita il Consiglio federale a trovare le soluzioni migliori per estendere alle donne l’esercizio dei diritti politici. Il testo è accolto ad ampia maggioranza (71 voti contro 42).

Estratto del verbale del Consiglio nazionale (Archivio federale)

In occasione della revisione della legge sull’elezione della Camera del Popolo, nel 1950, Peter von Roten fa un ultimo tentativo per fare in modo che le donne possano sedere in Consiglio nazionale, senza successo.

Il 25 novembre dello stesso anno, l’Associazione svizzera per il suffragio femminile (ASSF) chiede al Consiglio federale di introdurre il diritto di voto alle donne fondandosi sull’interpretazione inclusiva del termine “cittadini svizzeri”.

Peter von Roten sostiene la richiesta dell’ASSF alla Camera del Popolo.


«Ricorderete che l'estate scorsa, durante il trattamento della base elettorale del Consiglio nazionale, avevo pure proposto che venisse concesso alle donne il diritto di eleggibilità e di voto in Consiglio nazionale. Era stato come iniziare una casa dal tetto. All'epoca pensavo che fosse un bene, dare inizialmente la possibilità alle donne di essere rappresentate in Parlamento. Purtroppo questa proposta non ha ottenuto la maggioranza in seno alla nostra Camera, il che mi fa pensare che otterrò la vostra adesione percorrendo la via opposta, ossia concedendo dapprima alle donne il diritto di decidere su questioni concrete. Non sono io a proporvi questa strada ma l'Associazione svizzera per il suffragio femminile che rappresenta le donne svizzere interessate alla politica. Questa proposta presenta pure un vantaggio pratico: quello di rendere superfluo il cosiddetto voto popolare, in realtà degli uomini, in quanto il Parlamento, ossia le due Camere (Consiglio nazionale e Consiglio degli Stati) è competente per effettuare questa modifica di legge. Con questo mi sono sufficientemente dilungato sulla via proposta dall'Associazione svizzera per il suffragio femminile.»

Estratto del verbale del Consiglio nazionale della seduta del 20 dicembre 1950.
Il Consiglio federale ritiene necessario modificare la Costituzione federale. È quanto si legge nel suo rapporto del 2 febbraio 1951 in risposta ai postulati Oprecht (1944) e von Roten (1949). Ma esorta le donne a trovare prima posto nelle commissioni ecclesiastiche, degli affari sociali e dell'educazione, visti i recenti fallimenti delle votazioni sulla parità dei diritti in otto Cantoni.

Peter von Roten presenta una mozione per una soluzione legislativa – la revisione della legge del 17 giugno 1874 - nell'ambito del dibattito in Consiglio nazionale. Il gruppo conservatore la respinge preferendo la posizione del Consiglio federale. Tra il 1952 e il 1954 le Camere presentano diversi postulati all'Esecutivo federale per l'introduzione del diritto di voto e di eleggibilità delle donne. Nulla cambia. 

Peter von Roten, che ha partecipato alla fondazione della sezione vallesana dell’ASSF, chiede allora che le Svizzere possano almeno votare in occasione di referendum su oggetti concreti che le riguardano. Invano.

Un sonoro «no»

Domenica 1° febbraio 1959, con una maggioranza dei due terzi, il corpo elettorale maschile dice no all'introduzione del suffragio femminile nella Costituzione federale. Solo il Partito socialista, l'Anello degli indipendenti e il Partito del lavoro raccomandano il sì. Il Partito radicale democratico e il Partito popolare cristiano-sociale (l'attuale PPD) lasciano libertà di voto. Il Partito dei contadini, degli artigiani e dei borghesi (l'attuale UDC) dice no. Lo stesso giorno, Neuchâtel, Vaud e Ginevra concedono il diritto di voto alle donne a livello cantonale e comunale.

Infine, è l'entrata della Svizzera nel Consiglio d'Europa nel 1963 e la parità dei sessi sancita nella Convenzione europea dei diritti dell'uomo a spingere il Consiglio federale a organizzare la votazione del 7 febbraio 1971 – vittoriosa per i fautori del suffragio femminile.

Cantone e Confederazione, stessa richiesta

Il femminista conservatore Peter von Roten ha condotto la sua lotta a livello cantonale in parallelo a quella a livello federale. All'inizio di febbraio del 1954, dichiara davanti al Gran Consiglio che in Vallese, come a livello federale, nessuna legge esclude chiaramente le donne dai diritti politici. La Costituzione cantonale riconosce il diritto di voto «ai cittadini» senza precisare che questo termine definisce gli uomini escludendo le donne. A suo parere le donne devono potersi iscrivere nel registro elettorale del loro Comune.

La palla ritorna in campo federale quando nel 1957 il Consiglio federale sottopone al Popolo l’obbligo delle donne di servire nella protezione civile. Le femministe insorgono: no a nuovi obblighi senza diritti! Per dare maggiori opportunità di successo al suo progetto di nuova protezione della popolazione, il Consiglio federale risponde ai recenti postulati Picot e Grendelmeier con il suo messaggio all'Assemblea federale concernente l'istituzione del diritto elettorale e di voto della donna nelle faccende federali. E lo fa nove giorni prima della votazione popolare.

Ma nella Svizzera romanda e in Ticino le associazioni per il suffragio femminile hanno già esortato le donne a iscriversi nei registri elettorali. Contro il parere del Tribunale federale, alcune località assecondano quest'appello, tra cui il paesino di Unterbäch nell'Alto Vallese. Su spinta di Peter von Roten che possiede uno chalet nel villaggio ed è compagno di lotta del sindaco Paul Zenhäusern. Ben 33 donne sugli 86 domiciliati a Unterbäch votano con gli uomini sulla protezione civile, sotto i riflettori della stampa svizzera e internazionale. Il progetto di protezione civile mista è respinto. Le schede di voto delle donne non sono riconosciute né dal Consiglio di Stato vallesano né dal Consiglio federale. L’impegno femminista di Peter von Roten e di Paul Zenhäusern costerà loro la rielezione il 3 marzo 1957, dopo un mandato durato oltre dieci anni.

Appello alle Vallesane.
(Médiathèque Valais – Sion, collections spéciales, imprimés politiques)

Peter von Roten, femminista e conservatore

Peter von Roten, 1916-1991
(Archivio di Stato del Cantone del Vallese, Fonds des portraits)

Peter von Roten nasce a Raron nel 1916. Dopo studi di diritto a Friburgo, Parigi e Berna apre uno studio legale e notarile a Visp e a Leuk, per poi intraprendere la carriera politica. Dal 1943 al 1945 riveste la carica di consigliere comunale a Raron e dal 1941 al 1957 rappresenta il partito conservatore in seno al Gran Consiglio vallesano, di cui assume la presidenza nel 1948.

Nello stesso anno accede al Consiglio nazionale, dove siede per un triennio. Dal 1953 e per ben 33 anni è prefetto del distretto di Raron occidentale, carica alla quale non rinuncia nemmeno dopo essersi trasferito a Basilea nel 1954. Durante mezzo secolo collabora con il «Walliser Bote», foglio conservatore alto-vallesano.

Sposa la femminista basilese Iris Roten-Meyer, redattrice dello «Schweizer Frauenblatt» e avvocatessa, e usa il proprio potere politico per sostenere la causa del suffragio femminile. Nel 1945 presenta in Gran Consiglio una mozione in favore dei diritti politici delle donne e nel 1954 torna alla carica con un’interpellanza. In veste di consigliere nazionale deposita un postulato (1949) e poi una mozione (1951) che chiedono anch’essi l’introduzione del diritto di voto alle donne. Membro fondatore dell’Associazione vallesana per il suffragio femminile, incoraggia le donne di Unterbäch a recarsi alle urne nel 1957 e a lui si deve la candidatura di Mathilde de Stockalper al Consiglio di Stato nel 1965., Il suo impegno in campo politico e giornalistico sull’arco di tutta una vita a favore della parità di diritti tra uomo e donna varrà a Peter von Roten molti apprezzamenti, ma anche numerose critiche.