La sfida è sapere fino a che punto sia possibile proteggere le imprese elvetiche, rispettando nel contempo le regole internazionali.
Con una portata stimata di 41 miliardi di franchi, la riforma mira ad armonizzare le norme sugli appalti pubblici a livello nazionale e a rafforzare la concorrenza attraverso procedure più flessibili, in particolare per le PMI. Si tratta anche di soddisfare i nuovi requisiti dell'Organizzazione mondiale del commercio (WTO), di cui la Svizzera è membro.
Chiunque sia incaricato di affidare un appalto, nel valutare le offerte dovrebbe tener conto delle differenze di potere d'acquisto nei Paesi dove il servizio è fornito, hanno deciso i "senatori". Lo scopo è quelli di tutelare maggiormente le PMI svizzere dalla concorrenza dei fornitori a basso costo.
"Ne va dell'occupazione in Svizzera", ha dichiarato in aula Peter Föhn (UDC/SZ). Secondo lui, si tratta di fissare un prezzo al di sotto del quale non si può scendere. "Tutti noi abbiamo ancora in mente lo scandalo delle finestre prodotte nell'Europa dell'est e installate a Palazzo federale", ha rincarato Christian Levrat (PS/FR).
Per gli esponenti del PLR una simile disposizione è troppo protezionista. Per questo hanno proposto, benché senza successo, che l'aggiudicatore o appaltante possa tener conto dei diversi livelli di prezzo nel luogo in cui il servizio è fornito all'estero. E ciò soltanto per i contratti non soggetti ad accordi internazionali.
Questa soluzione, adottata dalla Nazionale, è un compromesso, ha sostenuto il consigliere federale Ueli Maurer. A differenza della soluzione del Consiglio degli Stati, quella del Nazionale sarebbe conforme alle norme della WTO. "Il criterio di livello dei prezzi è più chiaro di quello di potere d'acquisto", ha dichiarato invano Andrea Caroni (PLR/AR).
Benché le Camere abbiano deciso che l'appalto debba essere aggiudicato all'offerente che ha presentato l'offerta "più vantaggiosa", il Consiglio degli Stati ha voluto precisare che ciò corrisponde all'offerta col miglior rapporto prezzo/prestazione.
In termini di protezione dei lavoratori, con 20 voti a 17 i senatori hanno infine seguito il Nazionale e costretto le aziende a rispettare le condizioni di lavoro in vigore nel luogo in cui viene fornito il servizio, confermando così la prassi corrente.
Il Consiglio federale aveva proposto che gli offerenti rispettassero le condizioni di lavoro in vigore in Svizzera per prestazioni da eseguirsi nella Confederazione. Ma Olivier Français (PLR/VD) ha ricordato che i contratti collettivi possono prevedere salari diversi da una regione all'altra.
Permane una divergenza per quanto riguarda il metodo delle due buste, in base al quale l'appaltante potrebbe richiedere agli offerenti di presentare separatamente la soluzione tecnica e il prezzo. La Camera dei Cantoni non contesta questo metodo, ma vorrebbe una formulazione migliore.
Per quanto riguarda la trasparenza, il Consiglio degli Stati vorrebbe stralciare una disposizione sostenuta dal Nazionale che richiede che l'appaltante possa consultare tutti i documenti alla base del prezzo e verificare i costi attribuibili per appalti di almeno un milione di franchi aggiudicati di comune accordo. I senatori ritengono che un simile diritto potrebbe continuare ad essere regolato da un'ordinanza.
La Camera dei Cantoni vuole inoltre che l'aggiudicatore possa esigere un compenso per coprire i costi di messa a disposizione dei documenti di gara. La Camera del popolo si era rifiutata di fare qualsiasi concessione su questo punto.