Il 10 ottobre il Consiglio federale ha deciso
di approvare con una dichiarazione il Patto dell’ONU per la migrazione,
che sarà adottato in occasione di una conferenza dei capi di Stato e di Governo
prevista per il 10 e l’11 dicembre a Marrakech. La CPE-S è stata consultata dal
Consiglio federale in merito a questo progetto, conformemente all’articolo 152
capoverso 3 della legge sul Parlamento. La discussione è stata incentrata sui
vantaggi e gli svantaggi del Patto per la Svizzera, sul suo carattere
vincolante dal profilo giuridico e sulla questione del ruolo che deve spettare
al Parlamento riguardo alla decisione di sottoscriverlo.
Con 6 voti contro 5 la Commissione ha adottato
una mozione commissionale che incarica il Consiglio federale di non approvare
il Patto dell’ONU per la migrazione come previsto, bensì di sottoporre al
Parlamento la proposta di approvazione nella forma di decreto federale; cfr. le
mozioni di identico tenore della CIP-S (18.4203s) e della CIP-N (18.4093n).
La maggioranza della Commissione ritiene che
una decisione di simile portata non debba essere presa senza coinvolgere il
Parlamento e non presenti particolare urgenza. Alcuni membri della Commissione
temono inoltre che il Patto alimenti aspettative a livello internazionale che
in futuro avranno ripercussioni negative per la Svizzera. A loro avviso il
Patto contiene richieste che sono per lo meno poco chiare o incompatibili con
la legislazione svizzera e pertanto ne respingono una sottoscrizione da parte
della Svizzera.
Una minoranza della Commissione si è detta
contraria alla mozione commissionale poiché ritiene che l’approvazione del
patto spetti al Consiglio federale e rappresenti un primo passo non vincolante
per una normativa internazionale in quest’ambito. A suo avviso le sfide globali
come quelle rappresentate dalla migrazione possono essere affrontate e risolte
soltanto a livello multilaterale e il Patto deve servire a dimostrare l’impegno
della Svizzera contro le tendenze isolazionistiche.
Per quanto riguarda la discussione relativa
alla cosiddetta «soft law», la Commissione ha adottato all’unanimità un
postulato che incarica il Consiglio federale di presentare entro sei mesi un
rapporto sul ruolo crescente della cosiddetta «soft law» nelle relazioni
internazionali nonché sugli ulteriori sviluppi internazionali dovuti alle
connessioni globali e il conseguente subdolo indebolimento dei diritti
democrati dei Parlamenti di essere coinvolti tempestivamente in tali questioni.
Il rapporto dovrà chiarire in particolare le ripercussioni di questi sviluppi
per la Svizzera e l’eventuale necessità di riforma dell’articolo 152 della legge sul Parlamento. La Commissione
intende legiferare il prossimo anno, dopo aver sentito le cerchie scientifiche
e discusso il rapporto.
Altri temi
Come la sua omologa del Consiglio nazionale,
la CPE-S ha esaminato l’attuale situazione della candidatura della Svizzera a
un seggio nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per il periodo
2023/2024. Alla presenza del consigliere federale Ignazio Cassis, capo del
Dipartimento federale degli affari esteri, la Commissione ha preso atto
dell’iter del processo di candidatura e delle tappe che rimangono da superare.
La discussione si è incentrata sulla comunicazione al pubblico da parte del
Consiglio federale in merito a questa candidatura, sulla compatibilità fra il
principio di neutralità della Svizzera e l’adesione al Consiglio di sicurezza e
sul coinvolgimento dell’Assemblea federale nella definizione delle posizioni
svizzere nell’ambito di quest’ultimo. La Commissione ha annunciato l’intenzione
di presentare un intervento per incaricare il Consiglio federale di coinvolgere
il Parlamento nel processo decisionale per l’intera durata dell’adesione a un
simile gremio.
Infine la Commissione ha preso atto del primo
rapporto di attuazione riguardante la legge federale concernente il blocco e la
restituzione dei valori patrimoniali di provenienza illecita di persone
politicamente esposte all’estero.