La Commissione delle istituzioni politiche del Consiglio nazionale (CIP-N) ritiene che le condizioni da adempiere per ottenere la cittadinanza svizzera per gli stranieri della terza generazione debbano essere rivedute al fine di agevolarne la naturalizzazione. È stata depositata un’iniziativa parlamentare in tal senso.

Nell’autunno 2021, la Commissione ha effettuato audizioni in merito alla procedura di naturalizzazione per gli stranieri della terza generazione, dalle quali è emerso che la revisione della legge sulla cittadinanza, finalizzata ad agevolare la naturalizzazione per il gruppo di persone interessato - accolta in votazione popolare nel 2017 ed entrata in vigore nel 2018 - non ha prodotto gli effetti previsti. Diversi ostacoli, infatti, rendono complicato l’accesso a questa procedura, che doveva risultare agevolata. Con 14 voti contro 10 e 1 astensione, la Commissione ha presentato un’iniziativa parlamentare intesa a rendere meno restrittive le condizioni per accedervi e a rimuovere, per quanto possibile, gli inutili ostacoli amministrativi (22.404).

La Commissione non ha invece dato seguito ad altre proposte concernenti l’acquisizione della cittadinanza, come l’iniziativa parlamentare della consigliera nazionale Stefania Prezioso (G, GE) - respinta con 17 voti contro 8 - che chiedeva di permettere a ogni persona nata in Svizzera da genitori stranieri e residente sul suo territorio di acquisire automaticamente la cittadinanza svizzera con la maggiore età (21.428) e l’iniziativa parlamentare del gruppo socialista (21.467) - respinta con 15 voti contro 9 e 1 astensione - che chiedeva di concedere il diritto alla cittadinanza svizzera alle persone che hanno risieduto legalmente in Svizzera per un determinato numero di anni e di centralizzare la procedura a livello federale. Una minoranza propone di dare seguito alle due iniziative parlamentari menzionate.

Diritto di veto del Parlamento sulle ordinanze del Consiglio federale

Con 16 voti contro 8, la Commissione ha dato seguito a un’iniziativa parlamentare del consigliere nazionale Fabio Regazzi (M-E, TI) volta a introdurre la possibilità per il Parlamento di opporre un veto alle ordinanze del Consiglio federale (21.431), riprendendo in tal modo l’idea di un diritto di veto parlamentare che la Commissione aveva già sottoposto alle Camere nel 2019 (14.422). All’epoca, il Consiglio degli Stati si era opposto a tale progetto. Secondo la Commissione, il Parlamento deve disporre di uno strumento efficace che impedisca al Consiglio federale di emanare per via di ordinanza disposizioni che ignorano la volontà del legislatore. Con 17 voti contro 7, la Commissione propone invece di respingere l’iniziativa parlamentare del gruppo UDC intesa a concedere al Parlamento la possibilità di opporre un veto alle ordinanze urgenti emanate dal Consiglio federale richiamandosi alla legge sulle epidemie (articolo 6, situazione particolare) o sulla legge COVID 19 (21.407). Una minoranza propone di darvi seguito.

No alla revoca della cittadinanza in caso di crimini gravi

Con 18 voti contro 7, la Commissione ha proposto di non dare seguito a un’iniziativa parlamentare del consigliere nazionale Piero Marchesi (V, TI) intesa a permettere di revocare la cittadinanza svizzera a chi possiede la doppia cittadinanza e commette crimini gravi contro la vita e l’integrità della persona (21.408). Secondo la Commissione, i crimini in questione rientrano nell’ambito del diritto penale e non in quello della cittadinanza. Una minoranza propone di darvi seguito.

No al contributo di solidarietà dei parlamentari

Per quanto riguarda le conseguenze della crisi pandemica, la Commissione propone, con 18 voti contro 5, di non dare seguito a un’iniziativa parlamentare della consigliera nazionale Andrea Geissbühler (V, BE) che propone di ridurre del 20 per cento la retribuzione annua versata ai deputati per i lavori preparatori, in modo da fornire un contributo simbolico alla riduzione del debito della Confederazione contratto durante la pandemia (21.417).

Ordinanza sui rapporti di lavoro del capo dell’Incaricato federale della protezione dei dati

La nuova legge sulla protezione dei dati, adottata nell’autunno 2020, prevede che il capo dell’Incaricato federale della protezione dei dati sia eletto dall’Assemblea federale. Questa nuova modalità di nomina ha ripercussioni sulle procedure e sul diritto del personale, che saranno disciplinate in un’ordinanza dell’Assemblea federale. Sarà inoltre necessario introdurre alcune precisazioni nella legge sulla protezione dei dati. La Commissione ha adottato i progetti corrispondenti e un rapporto esplicativo (21.443) da sottoporre alla propria Camera, i quali saranno pubblicati nel corso della prossima settimana.

Ordinanza sulla protezione dei dati

La nuova legge sulla protezione dei dati richiede la modifica della relativa ordinanza. Dopo essere stata consultata in merito al disegno del Consiglio federale, la Commissione ha rivolto a quest’ultimo alcune raccomandazioni intese, da un lato, a garantire sia una migliore compatibilità del progetto con le decisioni prese dal legislatore sia la sua fattibilità e, dall’altro, a ridurre al minimo gli oneri burocratici che ne derivano per le persone giuridiche e fisiche, come pure per lo Stato.

Presieduta dal consigliere nazionale Marco Romano (M-E, TI), la Commissione si è riunita a Berna il 27 e 28 gennaio 2022.